lunedì 17 dicembre 2012


A parte il senso pratico per le cose mi reputo un’ottima madre, rispondo alle esigenze primarie del pargolo in modo alternativo però ci divertiamo un sacco! Passiamo ore a giocare, la sua risata mi riempie di gioia, non farei altro che restare li a sentire che ride! A volte io e Noa lo guardiamo mentre dorme, non riusciamo ancora a credere che provenga dalle cellule del nostro corpo, e poi lo consideriamo ancora una cosa inspiegabile, insomma solo perché un bambino proviene da due cellule che unite si moltiplicano in modo ordinato e perfetto, non spiega come ciò possa succedere! Due cellule separate, distinte, provenienti da due corpi estranei impazziscono e si moltiplicano, ma non tutte nello stesso modo, qualcuna va a formare il cervello, qualche altra crea l’intestino poi ci sono le cellule delle ossa e quelle delle unghie, come fanno a sapere quello che devono fare? Come fanno a sapere come si devono disporre, insomma sono tante! E tutte diverse! E poi chi sceglie a chi assomigliare?
Nel senso, le cellule della madre e quelle del padre lottano per aggiudicarsi i pezzi del corpo? Tipo:
_ io gli faccio le orecchie!
_Io allora gli occhi!
_No i miei sono più belli!
_Allora io mi prendo i capelli!
_E io gli faccio venire i denti tutti storti!

*   *   *
Nella mia vita ci sono tanti amici, spesso si autoinvitano a cena e con loro mi piace gestire la mia casa come una comune, ergo non la gestisco, ognuno si serve dal frigor come vuole in questo modo non devo nemmeno cucinare, fanno tutto da soli! I miei amici più intimi sono Sara, Luca e Massimo, in pratica sono la mia famiglia, senza di loro verrebbe a mancare una parte di me! Sara ha 34 anni e cerca lavoro, purtroppo dopo la laurea in filosofia orientale non ha ancora trovato nulla di inerente alla sua preparazione accademica, si è laureata con 110 e lode con stupro accademico, era talmente brava che anche il rettore se la voleva fare, ma da allora Sara ha solo continuato a fare il lavoro che faceva mentre studiava, la cameriera al pub.
Io sono felice per lei perché so che non ha perso i suoi sogni, anche se non credo che sappia più neanche quali siano, ma secondo me un giorno o l’altro riuscirà a scoprire la sua strada!
Suo marito Luca invece è una persona molto agiata, se volesse potrebbe mantenere anche me, Noa e la prole, ho provato più volte a farmi adottare ma purtroppo non c’è stato verso!
Invece Massimo è quello che mi da qualche pensiero, lui per me è come un fratello ma ha 35 anni ed è single da otto anni, da quando la sua ragazza lo ha lasciato per il guru di una setta ecologica. Questa solitudine prolungata mi sembra solo dolorosa, è molto affezionato a Riccardo lo vuole sempre tenere in braccio, sembra quasi manifestare un desiderio inespresso di paternità. Purtroppo per lui non potrei mai cederli il mio cucciolo, anche perché ci ho impiegato troppo per farlo!
Massimo comunque è una persona strana, non l’ho mai capito realmente, forse perché in lui c’è qualche cosa di inspiegabile, lo conosco da anni eppure questa sensazione non l’ho mai compresa.
Io sono convinta che il mio istinto primordiale sia più sviluppato rispetto a quello degli altri, ma con lui non ho mai capito cosa volesse dirmi  questo soffio animale, quella sensazione sicura che mi ha fatto intuire che Noa è l’uomo della mia vita, che la prima volta era solo un ritardo e che la seconda volta ero realmente incinta, che mi ha fatto intuire che non avrei mai terminato l’università e che quindi era inutile anche iniziarla, che la nonna di Sara è realmente morta e che lo zio Arcadio è gay; e ora che ho partorito, che sento le mie viscere fremere per ogni emozione che provo, sento che potrei arrivare a scoprire il suo segreto!

domenica 9 dicembre 2012


1.2. ANIMAL INSTINCT.


Non so se possiedo ancora la piena consapevolezza di quello che mi è successo, o per lo meno di quello che il mio corpo ha fatto. Sono diventata fautrice di vita, dal mio corpo è fuoriuscito un essere, un grido, un respiro, il primo, e poi eccolo li.
Un cucciolo.
Il giorno prima non c’è nessuno e il giorno dopo invece qualcuno urla talmente forte da stranirti, come può fare così tanto caos un essere che fino a poche ore prima non era nemmeno in grado di respirare!?
Eppure l’essere manifesta talmente tanto fascino in ogni estensione della sua forma da lasciare senza parole, diventa quasi impossibile riuscire a cogliere il completo senso di chi lo ha ideato: tondo, morbido, sorridente, sembra fatto apposta per intenerirti, oltretutto si incastra perfettamente tra il collo e le braccia. Sono sicura che qualcuno lo ha progettato prima di mandarlo in produzione e quando appoggia il suo testone sulla tua spalla e si addormenta tu diventi la persona più vulnerabile del mondo.

Quest’ultima sensazione è quella che mi sconvolge in pieno, sono sempre stata gelosa della mia indipendenza ed ora a volte mi sento senza protezioni di fronte a quel piccolo essere. Come una noce senza guscio, come nel sogno in cui ti ritrovi nuda in metropolitana e io, tra un pannolino e una poppata, devo ancora cercare di abituarmi a questo nuovo ordine di idee ed emozioni, talmente profonde da sentirle attaccate alle viscere. E’ come se la natura selvaggia che dorme nella quotidianità di ognuno di noi fosse esplosa, facendomi sentire quanto sia forte e selvatica!
La missione numero uno che ti senti affidata è quella di proteggere il cucciolo ad ogni costo. E tu diventi Terminator. Non c’è un movimento che ti sfugga, non c’è un angolo della casa che possa celare segreti, quando ti sposti in un luogo pubblico la prima cosa che fai è contare
gli spigoli vivi, controllare visi sospetti e ricordare a memoria le targhe delle macchine parcheggiate  nel raggio di 500 metri.  La tuta mimetica è l’unico indumento che ritieni idoneo, ma Noa, l’elemento marito non lo considera opportuno.
Noa è il mio uomo, lui mi sa leggere nel pensiero, e non è semplice capire la mia mente perché mi considero una specie di  hippy, e non sai mai come può agire una perfetta svanita!
Inoltre possiede quell’aria un po’ randagia, barbetta incolta su mento scolpito, tendenzialmente scomposto ma organizzato, lui è l’uomo che sa sempre quello che vuole e lo dice sempre con una voce calma e profonda.
Di contro io sono una gitana, devo ammettere che nella mia vita non ho mai incontrato una persona più disordinata, incasinata e scoordinata di me stessa e per compiacere la mia indole ho voluto un tatuaggio in mezzo alle scapole: “Bisogna avere un caos dentro di sè per generare una stella che danza”.
Mi piace danzare? No
Mi chiamo Stella? Si e sono caotica! e da quando sono mamma non sono migliorata, perdo anche più facilmente la memoria, ma leggendo i blog in internet sembra che sia una componente naturale della gravidanza, oltre al residuo di pancia molle! Bleah!
Ugualmente, in generale mi sento fortunata perché Noa è sempre molto attento e arriva dove io non riesco, cioè un po’ ovunque. Non so perché, sarà il mio animo hippy o l’incompleta voglia di diventare grande ma non riesco a fare tutto come le altre mamme, non pulisco mai casa, non stiro mai i vestiti, faccio la spesa ma poi mi manca sempre qualche cosa! Una volta ho dovuto costruire dei pannolini con sacchetti di plastica e magliette di cotone perché li avevo finiti di sabato sera!
Avevo davvero tante magliette datate che non usavo più! Ma questa è la fortuna di chi non riorganizza mai l’armadio per fare la raccolta indumenti dell’Humana!
In fondo non credo che le associazioni umanitarie servano realmente a qualcosa: anni addietro avevo creato un’ associazione onlus, dove ritiravo alimentari per i più indigenti, ma gli alimenti freschi non potevo certo spedirli in Africa, di conseguenza li tenevo tutti per me e avere tutto quel cibo in casa mi rendeva ancora più pigra, quindi avevo smesso di fare la spesa!
Alla fine la mia associazione era diventata il mezzo di sostentamento per me e la mia coinquilina! Andò avanti per qualche mese fino a quando la suora missionaria con la quale avevo concordato le spedizioni venne a battere cassa!

lunedì 26 novembre 2012


_Giulio sono tornata a casa!
_Ciao amore!
Amore? Ma come gli veniva? Virginia si diresse in camera, lui era seduto alla scrivania e sembrava lavorare.
_Come mai così presto?
_Sono uscita un po’ prima.
Il suo sguardo ricadde sul letto, rifatto, perfetto, non potè fare a meno di sedersi e scostare il copriletto per controllare le lenzuola. Erano quelle del giorno precedente! Questo significava che lei dormiva da sempre in mezzo a residui organici! Dio che schifo!
_Cosa stai facendo?
_Nulla, vado un secondo in bagno!
Si sentiva un po’ a disagio, pur avendo un corpo molto provocante non lo aveva mai usato con l’intenzione di sedurre, ma se avesse mantenuto la calma, sarebbe riuscita nel suo intento. Respirò a fondo un paio di volte e poi uscì dalla porta con in dosso un completo intimo di pizzo bordeaux, guepierre e autoreggenti allacciate. Ai piedi tacco dodici.
_Giulio, ho pensato a noi e a questo periodo, litighiamo solamente ed è da tanto che non stiamo più realmente insieme, ho pensato di farti una sorpresa..
Lui si voltò e assunse un’aria spaventata, come se un killer stesse proseguendo verso di lui con una mannaia in mano.
_Cosa c’è? Ti disturbo forse?
_No! Noooooo! E’ che in cinque anni di relazione non ti ho mai vista così, sei sicura di stare bene?
La reazione di lui la disorientava, poteva sembrare una coniglietta uscita da Play Boy, con tutto quel pizzo e lacci e cordini e chiappe al vento! Ma non doveva essere provocante? Virginia non si fece intimorire dalla reazione inaspettata e proseguì nei suoi intenti
_Appunto ho pensato di creare un cambiamento, il nostro rapporto ha bisogno di uno scossone.
La sua voce era calda e vellutata e ad ogni suo passo sentiva che il petto le sobbalzava in modo imbarazzante, preferiva di gran lunga il reggipetto contenitivo, ma non avrebbe fatto lo stesso magnetico effetto.
Virginia si avvicinò lentamente alla preda cercando di resistere alla risata che voleva esploderle in faccia, si sentiva ridicola vestita in quel modo e soprattutto la divertiva vedere il modo in cui quell’uomo la osservava. Avevano fatto sesso centinaia di volte, conosceva il suo corpo prorompente eppure non lo aveva mai visto così, gli occhi a palla, le scocche rosse, incapace di ribellarsi a quello che stava per accadere, o meglio che credeva sarebbe successo.
Pur essendo molto determinata Virginia non potè evitare di inciampare nei suoi passi, ma cadere sul letto sembrava una mossa voluta
_Vieni vicino a me, sei ancora in grado di desiderarmi?
Lui divenne una marionetta nelle sue mani e lei poteva tirare i fili a suo piacimento. Succube della componente erotica, Giulio si distese tra le lenzuola, avanzando carponi sopra di lui Virginia iniziò a baciargli il collo mentre con le mani cercava di distendergli le braccia
_Ho pensato che aggiungere un po’ di pepe poteva rendere tutto più divertente!
_A cos’hai pensato?
Clack! Clack!
_Manette? Sei una vera porca!
Quelle parole la irrigidirono, la sua schiena si contrasse raddrizzandosi di scatto, per fortuna che gli aveva già bloccato le mani non aveva molta voglia di proseguire ancora a lungo quella farsa! Oltretutto la brasiliana era diventata un tutt’uno con il suo fondoschiena e la cosa la indisponeva!
_Voglio giocare con te, ma per farlo, dovrò legarti anche i piedi!
_Anche i piedi?
_Si, devi essere completamente nelle mie mani, saprò ricompensarti!
_Va bene! Va bene!
Piccolo involuto figlio della masturbazione! Sei talmente stupido da non aver capito nulla! Vieni, avanza nella tela che sto tessendo!
Virginia gli sfilò i jeans con foga lo prese per le caviglie e le bloccò con altre manette ai piedi del letto.
I suoi gesti erano forti e determinati ma anche se lui avesse inteso il suo doppio gioco, ormai era troppo tardi.
_Che bello! Mi piace! Mi piace!
Virginia si alzò, lo vide tutto eccitato che si dimenava dalla gioia, completamente bloccato, questa volta scoppiò in una risata, talmente piena e sguaiata da incutere timore.
_Cosa c’è da ridere? Vieni qua! Sono il tuo schiavo!
_Si, e io la padrona!
Quel gioco stava diventando divertente, poteva anche dedicarsi l’occasione di giocare un po’ prima di concludere.
_Aspettami!
_E dove vuoi che vada?
Virginia si tolse i tacchi a spillo e le autoreggenti, il perizoma a brasiliana e indossò un paio di culotte, si tolse il balconcino di pizzo trovando conforto nel caro vecchio contenitivo e finalmente potè concentrarsi sul suo  lavoro. Tornò in stanza con un paio di forbici e una candela.
_Ei! Cosa vuoi fare?
_ Stai zitto maiale! Ho detto CHE IO SONO LA TUA PADRONA! E tu devi stare zitto!
_Questa cosa mi eccita tantissimo! Ma mi fai paura! Ma mi eccita !
Lei lo fulminò con lo sguardo
_Ti ho detto di chiudere quella kazzo-fottuta bocca!
Prese le forbici e con un gesto netto e preciso le infilò nella camicia e iniziò a tagliare
_A a a a a a a a a a a a a a! La camicia! E’ nuova!
_S.t.a.i. ZITTO!
Non aveva intenzione di liberargli le mani per sfilare la camicia, tagliò le maniche nella loro lunghezza smembrando completamente l’indumento.
_Come mi sto divertendo!
_Me la devi ricomprare!
Virginia impugnò le forbici come se fossero un pugnale e mimò il gesto di accoltellarlo
_Non ti conviene provocarmi! Sei bloccato!
_Si, ma stai esagerando, e sono sempre manette giocattolo!
_Credici!
_Cosa? Cosa stai dicendo?
Giulio iniziò a dimenarsi ma le manette non si aprirono, mano a mano che si muoveva ne prendeva sempre più consapevolezza
_Cosa stai combinando? Cosa mi vuoi fare? 
Un taglio netto sulle mutande e Giulio fu completamente nudo
_Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa! Mi vuoi tagliare il kazzo! Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!
Virginia prese un pezzo di camicia e gliela infilò in bocca.
_Non ti voglio evirare, finirei in un mare di guai per una cosa del genere ma tu sei stato realmente un pessimo compagno! E per questo ho intenzione di punirti! Smettila di mugolare o ti faccio a pezzi!
Giulio conosceva Virginia, la sua determinazione, la sua capacità di perseguire un obiettivo e raggiungerlo, la sua freddezza e la forza, eppure aveva commesso la leggerezza di approfittarsi di una come lei. La paura gli annebbiava la vista, il cuore pompava con tale forza da lasciarlo in balia del terrore, consapevole di essere bloccato nelle mani di una donna con una mente senza freni!
_Smettila di mugolare mi dai fastidio! Adesso iniziamo un nuovo gioco, una caccia al tesoro, guardiamo insieme cosa contiene il cassetto del tuo comodino! STRONZO!
Allora, vuoi la busta numero uno, la numero due, o la numero tre? Io dico la tre! Uuuu, guarda qua, un conto corrente a tuo nome! Diecimila euro! Bambino cattivo, volevi speculare alle mie spalle? Oltre al fatto che siamo appoggiati al letto nel quale poche ore fa hai fatto sesso con una donna! SCHIFOSO! E MI CI FAI DORMIRE DENTRO OGNI VOLTA!
Sai cosa sei? UN DEFICIENTE!
Virginia si alzò di scatto, corse in bagno e tornò trionfante con il suo depilatore personale in mano!
_Devi imparare la lezione! Lezione numero uno!
Attaccò la corrente e iniziò a strappare i peli dal petto di Giulio
_Mmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmm!
_Smettila! Stai zitto! Non ti sopporto!
La sua mano si muoveva lentamente, in modo da poter staccare dalla pelle più peli possibili! Scivolò decisa sui capezzoli contornati da un’aureola scura
_Giro giro tondo, stacco i peli al mondo! Hi hi ! E tu sei uno stronzo! E adesso ti faccio diventare pelato! Glabro come un porcellino! Perché è quello che sei! UN MAIALE! UN GROSSO E GRASSO MAIALE! 
La sua mano si staccò dal petto per cadere sulle guance di Giulio
_Stai fermo! STAI FERMO! Così ci impiegheremo le ore!
Il malcapitato si dimenava come un’anguilla per cercare di scappare alla tortura, invano, più si muoveva più sentiva che le manette ai polsi gli tagliavano la pelle.
Il dolore non era netto ne intenso ma diffuso pungente e fastidioso, era insopportabile e non smetteva mai! Le guance iniziarono a sanguinare, i peli erano troppo duri sul viso e si staccavano a fatica.
_Cos’hai al posto della faccia, uno zerbino? Ecco come fai a non avere scrupoli! Stronzo! Questi kazzo di peli da culo che ti crescono in faccia sembrano aculei, mi dici come fai ad averli così duri? …Dici che farà più male strappare i capelli o il pube?
_mmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmm!
_Cosa credi che ti sfoltisco un pochino e poi me ne vado? No ciccio! Io ti raso tutto!
Estrasse dall’armadio una corda, la fece passare sotto al letto per poi arrotolarla intorno al petto del maiale.
_Ecco così starai più fermo! E smettila di strattonare che rompi il letto! Ora arriva la parte più divertente, il tuo folto e stupido pube! Questa salsicciotta che fa qui in mezzo? Forse potremmo accorciarla!
_MMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMM!!!
_HA HA HA HA HA! Mi piacerebbe, ma il sangue mi fa impressione! HA! HA! HA! HA! Avanti, finiamo questo gioco, sta diventando impegnativo!
La sua dedizione chirurgica venne ripagata quando due ore dopo si alzò soddisfatta, l’epilatore bollente in mano e nel letto un essere, glabro, senza capelli, senza barba, senza sopracciglia, sembrava un alieno, un malato, il sangue peggiorava lo scenario.
_Sei proprio brutto sai?
Lui, esausto e sollevato la guardava in lacrime, arrabbiato provava ancora a strattonare le mani ma ormai non aveva più forza. Lei lo guardò quasi impietosita, quasi consapevole di quello che aveva fatto, ma si ricompose subito, pensando a quello che lui aveva fatto a lei! Fece le valigie, andò in cucina, aprì il frigor e prese una mela, tornò in camera e sostituì la tela imbevuta di saliva con il frutto. Si mise in un angolo della stanza e scattò una fotografia.
_Ogni maiale deve avere la sua mela!
Si rivestì, raccolse tutte le sue cose e uscì di casa, ma prima di andarsene chiuse a chiave la porta.


lunedì 19 novembre 2012


La pioggia sembrava non volersi arrestare e Virginia rientrò in casa fradicia. La porta purtroppo era aperta, questo poteva significare solo due cose: o quel deficiente lasciava la loro casa a portata di ladro tutti i giorni oppure era in casa.
Tolse gli stivali per non bagnare il pavimento facendo diventare i suoi passi felpati ed invisibili, andò in bagno per lavarsi la mano con l’acqua ossigenata e scorse la fuga della porta della camera da letto illuminata: la vescica era in casa.
Non aveva voglia di incontrarlo e soprattutto non aveva voglia di dirgli che aveva perso il lavoro, doveva trovare una scusa per il fatto di essere rincasata così presto ma non le venivano in mente niente. Poteva darsi malata, così almeno si sarebbe potuta coricare senza troppe cerimonie, ma mentre cercava di sistemarsi i capelli notò nell’immagine dello specchio che alle sue spalle c’era qualche cosa di inusuale. Un indumento non famigliare. Si voltò e vide una gonna a terra, una mini gonna, troppo volgare per essere sua.
Uscì dal bagno e in corridoio davanti alla porta della sua camera da letto, per terra, un altro indumento. Questa era bella. Una scena alla “Slining doors”! Si avvicinò alla porta socchiusa e potè riconoscere nettamente dei gemiti, due persone, una femminile e una maschile.
Virginia accompagnò la mano alla bocca e restò per qualche secondo immobile, senza pensieri, senza parole. Il modo migliore di reagire era andarsene, in silenzio, senza farsi scoprire.
E così fece. Tornò in cucina, recuperò borsa e stivali e dopo un’ultima ricognizione visiva della stanza uscì così come se ne era andata.

Stupida! Che fai! Torna in dietro! Apri la porta e fai finta di rubare qualche cosa! Accidenti! Certo! Sul tavolo della sala c’erano il suo mac, il cellulare e il portafoglio! Almeno avrebbe imparato la prima di una lunga lista di lezioni. Lezione numero uno: MAI LASCIARE LA CASA CON LA PORTA APERTA ED INCUSTODITA!
Inoltre nell’esigenza di trovare un nuovo appartamento avrebbe avuto già un p.c. dal quale inviare curricola per un nuovo lavoro! Malefica e geniale. Ora doveva solo aspettare che diventasse sera per poter tornare nuovamente a casa.

Quella era la seconda volta che in una giornata prendeva una cioccolata in un bar, era l’unica cosa che poteva scaldarla con dolcezza oltre a darle una dosa di energia pura, la stanchezza della notte insonne iniziava a diventare difficile da sopportare, il barista non faceva che fissare il suo decoltè con insistenza ma non aveva voglia di andare da un’altra parte, ora doveva mettere insieme le idee e decidere come muoversi, non amava più Giulio, di questo era sicura, non si sentiva nemmeno ferita per le corna, non le importava più nulla, anzi meglio perché si sarebbe sentita meno in colpa nel chiudere quella relazione. Come aveva potuto farsi trattare in quel modo! Oltretutto come aveva fatto a credere di amare una persona che in realtà scopriva di non conoscere! Era giunto il momento di riprendere in mano la sua vita! Con i soldi della liquidazione sarebbe stata tranquilla per lungo tempo, soprattutto senza dover mantenere anche un’altra persona! Una stanza in condivisione costava meno di un intero affitto e magari avrebbe trovato anche il tempo per una vacanza da sola, in qualche posto al sole! Ora doveva trovare un modo esemplare per lasciare l’ignaro mantenuto.
Si voltò verso il barman, la stava osservando, ancora! Ma come poteva essere così sfacciato?
Lui le sorrise ma lei si alzò e uscì senza pagare.
La banalità delle menti maschili era disarmante, bastava avere due poppe voluminose per ottenere tutto! … Eccola, una piccola esplosione tra neuroni, l’idea era li, a portata di mano, aveva solo bisogno di un completo intimo molto provocante, manette e una corda resistente.

domenica 11 novembre 2012


L’ufficio con le tendine bianche la metteva a disagio le ricordava sempre lo studio del dentista che le curava i denti da piccola, odiava l’amministratore, lo considerava troppo mediocre per la carica che rivestiva, un uomo semplice seduto sul trono di qualcun’altro.
_Buongiorno, mi voleva vedere?
_Buongiorno, si accomodi. La volevo incontrare perché la devo aggiornare sulle nuove politiche aziendali che verranno applicate, da oggi stesso.
_Per favore non faccia troppi giri di parole, sappiamo che esiste una crisi! E non ne siamo esenti! Vada avanti!
_Va bene! Lei è licenziata.
_E come mai?
_Tagli del personale
_E come pensate di gestire l’ufficio delle risorse umane?
_La sua segretaria e uno studio di consulenza per le buste paga.
_Lei crede realmente che le mie competenze possano essere sostituite dalla mia segretaria?
_Lei ha uno stipendio troppo alto! Non ce lo possiamo permettere!
_Ha mai pensato di abbassare il suo? E con me chi viene via?
_Altre 10 teste che riteniamo costose e inutili. Mi dispiace.
_Visto che reputa il mio ruolo superfluo, mi sa spiegare chi manterrà i contatti con i sindacati, con le agenzie per il lavoro e chi farà la selezione?
_Non crediamo di assumere altro personale nei prossimi due anni.
_Va bene e con quanto?
_Come?
_Con quanto mi lasciate a casa?
_Con una annualità.
_Io possiedo dei documenti con la sua firma in originare e il timbro aziendale che autorizzano contratti interinali non a norma di legge. Ci sono tre persone che per l’illegalità del loro contratto potrebbero impugnarlo e verrebbero assunte seduta stante. A tempo indeterminato! Facciamo che mi lascia a casa con due annualità.
_Come si permette! Questo è un ricatto!
_Lei mi sta licenziando! Non se lo dimentichi!   
  Due annualità!
_Una!
_Due! E considerando che sono l’unica in grado di redarre il documento, me ne aggiungo un’altra!
_Ladra!
_Ladri siete VOI! Che avete voluto assumere raccomandati! Avete assunto inetti con uno stipendio abnorme! I LADRI SIETE VOI!
Si alzò e tornò nel suo ufficio, per prima cosa si infilò in borsa le cartelline che contenevano i contratti incriminati, poi passò l’intera mattinata a creare il documento per la cessazione del suo rapporto di lavoro ma con grande sorpresa più proseguiva nella redazione del documento, più si sentiva bene, libera, leggera. Stava consegnando briglie e sella, dove lei non era il fantino, ma il cavallo!
Non si sarebbe più dovuta alzare all’alba, non avrebbe più dovuto gestire le lamentele dei lavoratori i battibecchi con i sindacati ed inutili,  estenuanti colloqui con gente pedante e noiosa.
Ma soprattutto, basta l’estrema ed inutile competizione con i colleghi! Vecchi dinosauri sessisti!
Se ne stava andando e per la prima volta il fastidio sulle guance si fece più sopportabile e accennò ad un sorriso o forse più ad un ghigno. Fuori la pioggia lavava il grigiore cittadino mentre i suoi capelli iniziarono a gonfiarsi per l’umidità presa. Poteva tornare a casa, era solo mezzogiorno e lei poteva tornare a casa, la situazione era talmente surreale da sembrare magica. Decise che l’occasione era perfetta per andare a fare un giro in centro, senza folla, senza pressa, solo la pioggia!
Fece il giro delle librerie e dei negozi di scarpe poi si sedette a mangiare una cioccolata calda dietro alla vetrata di un bar che dava direttamente sulla strada, vedere così poche persone a Milano era irreale, si sentiva dentro ad un universo parallelo. Ora il dramma da affrontare restava solo uno e la stava aspettando a casa anche se ora sentiva di avere tutta la determinazione per liberarsi anche di lui.
Il tram senza traffico era quasi piacevole, anzi, romantico, con le sedute in legno e uno stile così retrò.
Secondo i suoi calcoli la sanguisuga doveva essere fuori casa, ne avrebbe approfittato per riposare un paio d’ore e fare le valigie, anzi avrebbe potuto disdire l’affitto dell’appartamento senza dire nulla a Giulio, cercare una stanza in affitto e andarsene piano piano senza che lui se ne accorgesse e poi, la settimana prima di liberare l’appartamento, lo avrebbe lasciato nella merda più assoluta!
Ormai non sentiva più nessun senso di colpa, ma solo il desiderio di rivalsa! Quella sottospecie di uomo andava punito con una lezione memorabile! Oltretutto doveva ancora escogitare il modo di scoprire da dove arrivava quell’introito regolare nel conto del traditore! E facendo due calcoli, 10'000,00 € diviso 800,00 € faceva 12! Il bastardo prendeva uno stipendio da circa un anno! E non aveva detto nulla! Lei da due anni aveva rinunciato alle vacanze estive, ai fine settimana fuori porta, all’automobile! Per non parlare di tutti i vestiti che si sarebbe potuta permettere! Stronzo!
Tutta quella rabbia mista alla notte insonne e ad un licenziamento lampo le fece mancare il fiato, aggrappata al palo del tram sentiva di non riuscire a respirare, una forza nervosa stava tirando tutte le sue membra, come un vulcano in ascesa, prima di compiere la propria esplosione di trionfo!
Uno zingaro che chiedeva spiccioli fu attratto dalla donna con borsa in vera pelle visibilmente in difficoltà:
_Signora sono una familia povera!
_Vattene!
La sudicia mano di lui si tese verso quella candida e immacolata di lei.
L’uomo rimase immobile.
_TI HO DETTO CHE TE NE DEVI ANDARE!
Virginia si alzò di scatto e sferzò un pugno secco sul naso del malcapitato.
L’autista sentendo urlare frenò di colpo e tutti si sentirono trascinati da una forza invisibile, spaventati e al tempo stesso eccitati dalla inusuale reazione. Sicuramente la violenza non poteva essere un comportamento accettabile ma il soggetto era propenso ad attirare l’inimicizia di tutta la comitiva anche se rantolava con il viso pieno di sangue.
_Kazzo, che casino! Ed ho la mano piena di sangue! Che schifo! Signora mi dia una salviettina! Ce l’ha umidificata? Speriamo di non prendere l’AIDS! Kazzo! Kazzo!
Vedendo lo sguardo attonito di una vecchia incartapecorita si accinse a scendere dal mezzo e fece a piedi il resto della strada, si fermò solo per lavarsi la mano presso la fontanella nel parco del Castello Sforzesco.

domenica 4 novembre 2012


_Adesso entro e gli faccio il culo! Mantenuto e Ladro! Mantenuto e Ladro! Stronzo! Mi ruba anche dal portafogli!
Suonò alla porta ma non ottenne risposta, introdusse le chiavi e la spalancò con rabbia.
_Ma dove kazzo sei finito? Dove kazzo la tiene?
Virginia si diresse in camera sul mucchio di abiti di Giulio, tastò in tutte le tasche ma nulla, tornò all’ingresso e guardò in tutele giacche appese, nulla. Dove poteva tenerla? Comodino!
Aprì il cassetto e tirò fuori tutto il contenuto: profilattici, calze, una bibbia (e da quando?), e diverse buste nere porta documenti, tre. La prima conteneva i dati della sua assicurazione sulla vita, che modo di tenerla, tutta ripiegata su se stessa. La seconda conteneva alcune lettere che lei gli aveva scritto nei primi anni della loro relazione, tenero. La terza invece fu una vera e propria rivelazione, i documenti di un conto corrente che conteneva diecimila euro. Apperò! E questi soldi da dove arrivavano? La busta conteneva anche un estratto conto degli ultimi tre mesi, 1 gennaio: emolumenti 800€, 1 febbraio: emolumenti 800€, 1 marzo: emolumenti 800€.
_Quello stronzo figlio di puttana ha un introito e si fa completamente mantenere? Ed ha anche il coraggio di rubare dalla mia borsa! Calma Virginia, calma, devi ragionare e capire cosa fare.
Si prese il viso con entrambe le mani e iniziò a fregarselo con forza sui punti sensibili.
_Stiamo calmi, stiamo calmi, adesso, o lo ammazzo quando varca la soglia oppure metto tutto in ordine e faccio finta di niente, cerco di capire da dove arrivano e poi trovo il modo di fargliela pagare! FARGLIELA PAGARE!
Un rumore dall’ingresso, era lui che rincasava
_Virginia? Sei tornata?
Lei prese tutti gli incartamenti e li mise nuovamente nel cassetto, si alzò da terra e velocemente rotolò verso il suo lato del letto.
_Virginia! Rispondi che mi spaventi!
_Sono tornata!
_Cos’hai fatto in faccia? Sei tutta rossa! Ti sei graffiata! Sei stanca?
_Si, sono stanca.
_Questa sera ho preparato io!
_Non dovevi uscire con gli amici?
_Si, ma ho preferito rimandare, era più importante stare con te.
_Tanto guarda, mangio un boccone e vado a dormire, sono stravolta.
_Va bene, ho preparato gli spaghetti allo scoglio!
_Mi sembra coerente, vivi con una cozza amara!
_Ma no! Dai che dici? Solo perchè qualche volta litighiamo?
_Giulio, non ho cambiato idea, ti devi trovare un lavoro!
_Dai non fare la rigidona!
Il suo sguardo fu più eloquente di qualsiasi parola. Era troppo difficile nascondere la rabbia che teneva in corpo. Lo avrebbe ammazzato li, adesso, con le sue mani!
_Mi hai rubato la carta di credito?
_Nooooo l’hai dimenticata a casa!
_Giulio, io non dimentico mai nulla, mi hai preso la carta!
_Guarda che è all’ingresso, l’ho messa li per fartela vedere!
Virginia si alzò di scatto e andò a recuperare il maltolto. Si mise in pigiama e poi a tavola non proferì parola, mangiò in silenzio, il suo cervello cercava di escogitare come fare per liberarsi della piaga.
_Vado a dormire.
_Allora non ti dispiace se esco! Per me è presto!
_Vai, levati dai koglioni!
Lui, incurante dell’atteggiamento irato di lei, si stampò un sorriso in volto, indossò il cappotto e uscì.

Avvolta dal tepore del piumone Virginia non poteva dormire, il cuore batteva più di una mitraglia nemmeno il profumo di lavanda delle lenzuola riusciva a calmarla. Si sentiva usata, sfruttata in nome di un amore ormai mal dissimulato. Oltraggiata, disonorata, con l’autostima calpestata, da sempre era stata intenzionata ad aiutarlo aveva rinunciato a molte cose per poter mantenere entrambi ma la realtà era che Giulio non sarebbe mai diventato un giornalista e lei lo stava mantenendo come un figlio adolescente. Ma da dove arrivavano quei soldi? Doveva scoprire per chi lavorava e cosa faceva. Giulio rincasò alle tre e lei era ancora sveglia, rimase in ascolto di tutti i suoi movimenti, prima in bagno, poi il pigiama ed infine nel letto. Eccolo, li di fianco a lei, non meritava quel posto, doveva stare di fronte, così lo avrebbe potuto prendere a calci in culo! Doveva trattenersi dall’alzargli le mani, mettergli le dita in torno al collo e stringere forte. Doveva vendicarsi, sicuramente l’avrebbe aiutata ad esorcizzare tutta quella rabbia Avrebbe potuto prendere tutte le sue riviste di arte e farne un bel falò, oppure prendere a martellate il suo mac ma anche riempire di buchi i suoi completi Armani. Sopraffatta da tutto quell’odio alla fine cedette alla stanchezza e si addormentò, poco prima che la sveglia suonasse.

_Questo fottuto mondo mi vuole uccidere?
_Cosa succede?
_Dormi stronzo!
_Va bene.
Si alzò, si fece la doccia, come tutte le mattine si stirò i capelli, si truccò abbondando il correttore sulle occhiaie e poi furiosa si diresse in tailleur nero verso la fermata dell’autobus. La pioggia sembrava voler affogare la città, le auto sollevavano pozzanghere incuranti dei pedoni mentre gli autobus tardavano. Quando raggiunse la fermata della metropolitana si inserì in mezzo alla folla, strizzata in un abbraccio generale di umanità e ombrelli fradici. Finalmente il tram e poi il percorso a piedi.
_Buongiorno dottoressa.
_Sono zuppa!
_Ha un appuntamento tra mezz’ora con l’amministratore delegato.
Ecco, la valanga di causa-effetto si stava staccando dal costone della montagna e stava per franargli addosso!
_Fammi portare un caffé in ufficio. Veloce.
_Subito.
Quella giornata stava diventando letale. Doveva ragionare, cosa le voleva proporre? Di licenziare mezzo stabilimento? Cassa integrazione?  Mobilità? E se invece avessero licenziato lei?
Doveva studiare una strategia.

domenica 28 ottobre 2012


Ogni mattina la sveglia suona alle sei esatte, Virginia si alza un’ora prima rispetto alla sua tabella di marcia per riuscire a stirare i lunghi e arricciati capelli. Il tedio e la stizza per l’aspetto poco ordinato è tale da imporsi si lisciare e ordinare una capigliatura a suo dire“selvaggia”, dopo di che trucco e si esce di casa. Autobus, metropolitana, cambio di linea, tram e passeggiata a piedi. Poi finalmente inizia la giornata.
Dalla sua postazione Virginia poteva osservare tutto l’ufficio, la sua segretaria, le due amministrative, l’ufficio contabilità e in fondo, nascosto dietro ad una cascata di persiane bianche, l’amministratore delegato dell’azienda.
Lei teneva tutti sempre sott’occhio, non aveva mai creduto nei rapporti di amicizia tra colleghi oltre a considerarli sconvenienti, come avrebbe potuto riprendere una persona che poco prima poteva aver raccolto una confidenza intima?
Inoltre dopo aver rischiato di venire scavalcata nel suo ruolo dalla precedente segretaria preferiva circondarsi di persone mediocri, scimmie ammaestrate in grado di svolgere i loro compiti e timbrare la sera prima di uscire. In ufficio non potevano esistere amici.
_Buongiorno Sabrina, ci sono notifiche per me?
_No dottoressa.
_Ricordami gli appuntamenti della giornata
_Tra mezz’ora riunione plenaria e dalle 15.00 iniziano i colloqui per la ricerca dei commerciali.
_Bene, se tardo alla riunione chiedi ai candidati di aspettarmi e ordinami il solito panino al bar di sotto con spremuta.
_Spero che riesca a mangiarlo!
Virginia si voltò seria e fissò la segretaria senza alcuna espressione in viso. Non disse niente, ma il solo atteggiamento fece ricordare alla ragazza che quel rapporto non aveva spazio per interventi personali.
La riunione si rivelò noiosa come da aspettativa, lei presentò il budget per l’anno in corso e non si sorprese se mentre cercava di pronunciare alla meglio l’inglese che aveva studiato, utilizzare termini appropriati e controllare il prurito che le collant le procuravano, i colleghi sembravano interessati solo al suo decoltè. La disciplina, la tensione professionale e  la dedizione per il lavoro sembravano svanire, abbattuti dallo stupore che un wonder-bra poteva suscitare di fronte ad una platea puramente maschile. Involuti. Solo poche persone erano in grado di riconoscere la sua rofessionalità, peccato che queste non fossero tra i presenti.
Per il resto, raccomandati superbi e…. raccomandati, si susseguirono come ad uno spettacolo circense.
Mentre lei aveva ricevuto espliciti solleciti se non minacce per aumentare la retribuzione dei pupilli aziendali, l’azienda stava perdendo quote di mercato. Pur essendo una ditta farmaceutica stava riscontrando reali problemi di fatturato a causa della crisi economica in corso.
La riunione terminò alle 15.30, il panino appoggiato sulla sua scrivania era ormai freddo, deglutì velocemente la spremuta e uscì nuovamente per iniziare la serie di colloqui dedicati alla ricerca di due nuovi commerciali.
_Sabrina passami i c.v. dei candidati, sono in ordine cronologico?
_Certo!
Alzando lo sguardo i suoi occhi scivolarono sulle tendine oscurate dell’ufficio dell’amministratore delegato.
_Chi c’è in riunione con l’amministratore?
_Non saprei
Era strano che l’ufficio fosse oscurato, non lo era mai. Virginia non credeva alle sensazioni ma solo agli eventi di causa effetto. Il fatturato era in calo, dalla casa madre i dividenti tra i soci erano stati più magri, parte della produzione sarebbe stata spostata in India e ora l’A.D. in riunione segreta e oscurata. Causa-effetto, causa-effetto.
Quella catena di eventi sarebbe ricaduta su di lei. Lo aveva calcolato.
_Tieni d’occhio quell’ufficio mentre colloquio, e cerca di sapermi dire qualche cosa di più quando esco.
I tacchi a spillo emettevano un tonfo sordo sul parquet dell’ufficio, il pavimento rialzato acuiva il suono facendolo sembrare più simile al rumore del passaggio di un animale ferrato, e come una puledra fiera Virginia camminava sicura e agguerrita, una Valchiria sul campo di battaglia.
Il primo candidato era semplice, puro, trasparente, forse troppo, non sembrava avere appiglio commerciale mentre il secondo era talmente nervoso che ruppe la biro che teneva in mano.
Il terzo candidato si presentò in modo molto professionale oltre a possedere un aspetto realmente attraente, Virginia iniziò con qualche domanda ma attratta dalla finezza dei modi fece cadere lo sguardo più volte sulla data di nascita del candidato. Giovane e preparato, all’età di 25 anni aveva avviato da solo una attività di vendita on line nella cantina di casa, il paragone ricadde velocemente su Giulio: mantenuto, 35 anni buttati nel cesso.
Appoggiò la mano sulla fronte, un respiro profondo le uscì dalla bocca e osservò quell’uomo attraente di fronte a lei, la camicia bianca stretta sotto la cravatta nera, la voce profonda e lo sguardo fisso su di lei. L’aria era carica di tensione e Virginia voleva ignorarne la natura, doveva rimanere coerente e concentrata ma ecco di nuovo il tick. NO! Cavolo, ancora quella danza intorno al viso, trattieni Virginia, trattieni, fai un respiro profondo, resisti al volere della mente, fai scivolare via il pensiero, veloce!
_Tutto bene?
_Come?
Si era accorto del suo disagio!
_Sta bene? Sento che affanna! Vuole prendere un po’ di aria?
Cosa stava succedendo? Un candidato che leggeva in lei disagio? Non si sarebbe mai perdonata questa mancanza, divenne rossa in viso e per questo si sentì ancora peggio. Basta, guancia destra e sinistra, occhiale desto e sinistro, tempia destra e sinistra. Uff, adesso poteva andare meglio!
_Sto bene, sto bene, solo un po’ di stanchezza. Vada pure avanti!
_Guardi che realmente, se vuole interrompere per dieci minuti io aspetto.
Di solito l’insistenza di una persona la irritava, ma quel marcantonio spartano uscito da un libro di Epica sembrava convincente.
_Facciamo così, io adesso vado a prendere un caffé ma solo se mi accompagna. Offro io. Dato che si presenta per un posto in qualità di commerciale non dovrebbe essere spaventato dai cambi di programma.
_Va bene!
Ma cosa stava facendo? La logica era coerente ma il comportamento transigeva dal suo rigore personale e professionale! Qualcosa le solleticò leggermente  il viso, ma questa volta se lo fece scivolare dalla mente. Caffé con Leonida!
 Quando uscì dalla stanza del colloquio non dimenticò di osservare che le tendine bianche dell’ufficio dell’Amministratore erano ancora oscurate. Ma cosa stava succedendo?
_Mi segua.
_Stiamo uscendo dall’azienda?
_Si andiamo al bar di sotto, il caffé delle macchinette è disgustoso!
_La seguo!
Le porte dell’ascensore si chiusero e lei ebbe un sussulto, chiusa in quello spazio limitato non potè fare a meno di respirare a pieni polmoni il profumo del giovane. Ma cosa le stava succedendo? Di solito si scopriva frigida e senza troppo interesse per gli uomini, o forse aveva perso interesse per l’unico uomo che esisteva nella sua vita da troppo tempo. Al bar il colloquio si trasformò, divenne più rilassato e meno formale:
_La ringrazio per avermi assecondato, avevo bisogno di aria.
_Si figuri, quando vuole!
_Diciamo ad un secondo colloquio?
_Perfetto! Quando?
_Il secondo sarebbe con il responsabile dell’ufficio commerciale, devo solo trovare una data in cui sia in ufficio.
_La ringrazio per la fiducia. Spero solo che non sia grazie al caffé!
Ecco, perché quando tutto stava proseguendo alla meglio le persone si permettevano di fare battute fuori posto? Cosa intendeva dire?
Credeva realmente di averla comprata? Ma per chi l’aveva presa? Per una di quelle donne che vendono la loro professionalità in cambio di uno stipendio per nutrire una schiera di marmocchi affamati?
_Guardi che il caffé non era corretto!
Leonida si accorse del cambio di tono e cercò di riparare
_Non era mia intenzione . .
_Si la ringrazio, la farò contattare dalla mia segretaria.
Si alzò di scatto strinse la mano e se ne andò, lasciandolo li, disorientato e pieno di sensi di colpa a domandarsi se la battuta fosse realmente così grave da compromettere il colloquio.
Virginia in ascensore si tenne il viso tra le mani, non poteva scoprire di sentire ancora quel tocco sul viso, tutta la tensione che stava vivendo la stava dilaniando. Doveva ricomporsi, rientrare in sé, il suo lavoro dipendeva dalla sua competenza e dalla sua credibilità.
Rientrò in ufficio fieramente sostenuta, la segretaria la seguì con una pila di documenti in mano, la giornata stava per finire ma non per lei. Quando la porta si chiuse tirò un sospiro di sollievo. In quella lunghissima giornata non si era ancora fermata. Osservò il suo cellulare per la prima volta, 5 sms.
1_Mi manchi
2_Questa sera cucino io
3_Quando torni?
4_Ti prego non lasciarmi fare un lavoro normale!
5_Vodafone, ricarica di 15 euro.
Ma cerca di comprarmi con 15 euro di ricarica? Giulio era realmente il peggiore ruffiano che avesse mai incontrato. Anni prima, annebbiata dall’amore, aveva permesso che un uomo diventasse un peso nella sua vita ora che quella storia era realmente finita non riusciva più a liberarsene, come uno sfratto con minore, come una ceretta dopo un mese di rasoio, come una cacca sotto le Geox!
Ma come aveva fatto a ricaricargli il cellulare? Si era nuovamente rubato la carta di credito? Come un lampo si voltò verso la borsa, prese il borsellino e aprendolo non trovò la carta di credito. Ladro!

domenica 21 ottobre 2012


 1.1.  CONTROPELO
 
Virginia percorreva il corridoio dell’ufficio determinata e sicura avvolta dal suo tubino nero, aderente, succinto. Il potere della sua quarta di reggiseno era talmente dirompente che nessuno aveva mai pensato che il posto di responsabile del personale della In-Pharma fosse arrivato per pura meritocrazia.  Eppure la professionalità, la rigidità e la saccenza che la determinavano, facevano pensare che in fondo nessun altro avrebbe potuto ricoprire quel ruolo. Terminato il corridoio si voltò, gli sguardi si ritrassero e lei entrò nel suo ufficio.
Sostenuta dai lombari sodi sedeva rigida, sicura, eretta sulla sedia  norvegese in legno massello piegato a vapore, dritta, come se al posto della colonna vertebrale avesse avuto un pilastro di marmo.  Le sue dita scivolavano sulla tastiera con la stessa decisione e leggiadria di una pianista affermata, manovrando, gestendo e scindendo tutto quello che uomini molto più affermati di lei erano abituati a fare ma disarmati di fronte al fascino di una giovane donna dotata di una mente multitasking e assolutamente determinata a raggiungere il traguardo, prima, unica e caustica.

_Ciao amore com’è andata oggi?
_Devo assolutamente decidere se tenere il ragazzo dell’agenzia, è sicuramente più abile del mio responsabile paghe e contributi, la nuova stagista è una emerita decelebrata, mentre l’idiota del magazzino, ….. dovrei assumere qualcuno per eliminarlo, se morisse, farebbe un piacere all’intera umanità. Involuto del kazzo, ha combinato più casini che altro. Se incaricassi una scimmia ammaestrata di impilare cassoni senza muletto sarebbe più produttiva del deficiente, e quel ritardato ha avuto anche il coraggio di perpetuare la sua razza, per ben tre volte!
Spero che prendano almeno un diploma di terza media in tre! … E tu?
_Io bene, solita giornata, ho provato a chiamarti in pausa pranzo ma non hai risposto
_Si, stavo provando un paio di scarpe, ti piacciono?
_Ma non ne hai già tante?
La sua mano si accostò sul proprio volto in una carezza nervosa, un tocco, prima la guancia sinistra e poi la destra.
_Io guadagno, io spendo. Oltretutto non mi sembra di averti mai permesso di mantenermi. Ergo... Hai preparato la cena? Sono stanchissima.
_Certo padrona!
_Sciocco, se tornassi a casa prima di te la preparerei io, solo che poi dovresti mangiare realmente quello che cucino. Insomma sai bene quante volte abbiamo concordato che è meglio per tutti!
_Già. Senti domani sera io non ci sono, nemmeno per cena.
_Vedi i tuoi amici?
_Si
_E oggi cos’hai prodotto? Sei andato avanti con il tuo progetto? Sei vicino alla fine da ormai due mesi!
La sua mano si levò nuovamente sulla propria fronte, prima sulla tempia destra per poi sfiorare la tempia sinistra. Sapeva già quale risposta avrebbe ottenuto.
_Sono in blocco artistico. Oggi ho fatto altro.
Lo sapeva. Ripeté nuovamente il tocco sulle guance.
_E cos’hai fatto?
_Ho preso il treno e sono andato a fare un giro sul lago.
Il rigore di quel corpo che era già estremo ebbe un sussulto impercettibile mentre la pelle che la ricopriva si tese in uno spasmo millesimale. Tutta la sua persona si era direzionata, protesa e incuneata verso un unico vertice: riuscire a raggiungere il suo obiettivo, e ce l’aveva fatta.
Il segreto? Autodisciplina e fatica. E ora si trovava di fronte ad un uomo, bianco, caucasico, uno di quegli esseri che ritengono senza alcun dubbio di essere migliori in quanto maschi, uno di quelli ai quali è stata insegnata la certezza malsana che la donna sia un essere capace di donare amore attraverso le faccende domestiche. E lei lo stava mantenendo da ormai quasi due anni.
Se non  lo avesse conosciuto e lui si fosse presentato ad un colloquio per domandare un lavoro lei avrebbe buttato il suo c.v. nel trita carta, con un gesto di trionfo.
_Perchè non dici più nulla? Perché quando ti dico come ho investitola mia giornata, poi non dici più nulla?
Tocco sugli occhiali: in mezzo, destra e sinistra, nuovamente sulla guancia destra e sinistra.
_Cosa dovrei dire? Bravo, hai fatto proprio bene ad andare al lago! Ti avrei raggiunta anche io se avessi potuto. Ma purtroppo stavo lavorando! Io.
_E’ da sei mesi che ogni giorno torni a casa e inizi con il tuo atteggiamento arrogante! Ogni giorno diventi sempre più odiosa! Lo sai?
Quel tick fastidioso stava diventando estenuante, nuovamente destra e sinistra: guancia, occhiale e tempia.
_E sfacciata! Giulio, io ci ho pensato bene, e sono giunta ad una conclusione, ti devi trovare un lavoro vero!
_No! No! Ecco lo sapevo! Sei una grandissima stronza!
_IO TI MANTENGO!
Entrambe le mani sulle tempie, doveva cercare di gestire quella sensazione incontenibile e pazzesca, ma la rabbia era un continuo sollecito. Destra e sinistra, destra e sinistra.
_Si ma abbiamo concordato insieme questa soluzione! Non vuoi aiutarmi a raggiungere il mio sogno? TU ci sei arrivata! Fai quello che volevi fare! Mi avevi detto che mi avresti aiutato! Lo sai che da solo non  riuscirei a vivere!
_SI, ma adesso tesoro, sono passati quasi due anni, a cosa sei giunto? Nulla, solo qualche collaborazione sporadica e inconcludente, ora basta, sei grande e io ho deciso. Da domani inizi a cercarti un lavoro con uno stipendio. Da me avrai solo 20 euro alla settimana per comprare i biglietti del bus. E sarai già in debito per l’affitto che da questo momento verrà pagato per metà da me e metà da te!
_Ma non ho più un conto in banca!
_Appunto, tutto quello che guadagni dovrai depositarlo direttamente sul mio, tanto è quello che ha mantenuto entrambi per due lunghi anni, non credo che si offenderà se qualche volta entreranno soldi tuoi.
_Sei una pazza! Levati le mani dalla faccia! Non ce la fai vero? Sei solo una psicopatica!
_STRONZO MANTENUTO!
Virginia si sentiva tremare tutta in corpo, odiava discutere con Giulio, sperava sempre che potesse essere l’ultimo litigio, che finalmente avrebbe rotto con lui e invece quella storia non finiva mai, lei non riusciva ad interrompere perché i sensi di colpa la dilaniavano.
Lui senza di lei non avrebbe avuto nemmeno una casa ma poteva la loro storia basarsi solo su di un rapporto di dipendenza economica?
_Dai Virgy, sai che non mi piace quando fai la sostenuta - la voce di Giulio era diventata calda e vellutata- oggi hai avuto una giornata difficile, scommetto che non hai avuto nemmeno il tempo di riposarti un po’, adesso mi prendo cura io di te.
_Non fare il ruffiano, sono arrabbiata con te
_E per cosa? Perché il mio progetto si è rallentato? Perché mi sono dedicato una giornata diversa? Forse anche tu dovresti prendere un giorno di ferie, anzi facciamolo! Potremmo andare insieme alle terme!
_Non dovresti dedicarti al tuo lavoro?
_Dovresti rilassarti sai, è solo martedì e sei tornata a casa in un fascio di nervi, non sei stanca? Non ti senti un po’ stufa? Non fai altro che toccarti in faccia!
_Non posso smettere di lavorare!
Virginia si sentiva disorientata, pur essendo una persona molto sicura di sè tendeva a dare credibilità alle parole del suo compagno e in fondo desiderava che qualcuno fosse in grado di prendersi cura di lei.
_Se prendi delle ferie non credo che nessuno avrà nulla da ridire! Dai, andiamo io e te, non facciamo che litigare!
Eppure non riusciva a staccare la testa dal lavoro, anche se solo per un giorno sarebbe venuta meno al suo dovere, non poteva, sapeva che il giorno in cui si sarebbe assentata in ufficio sarebbe successo un pandemonio.
_Anzi! Usciamo questa sera!
_No questa sera no! Sono le nove! Sono stanca morta e affamata!
_Dai ti prego usciamo!
_Se usciamo adesso però non andiamo alle terme!
_Si, si, si quello che vuoi ma dai usciamo adesso io e te per cena!
_Guarda che ci impiego almeno un’ora per prepararmi!
_Ma dai vai benissimo così come sei!
_Sono in tenuta da lavoro.
_E allora?
_Senti dai volevo mettermi in pigiama devo ripassare inglese per il corso di domani e riuscire a riposare, non possiamo ordinare giapponese e mangiare in casa?
_Sei la solita!
_La solita cosa? Io domani mi alzo alle sei e sto morendo di fame!
_Ok, ok, calmati, facciamo che tu ti vai a fare un bagno rilassante e io esco e prendo d’asporto! Va bene?
_Va bene, ma fai veloce perché sto morendo di fame!
_Hai del contante dentro alla borsa?
_Non ti serve il contante basta che prendi il blocchetto dei ticket, come sempre!
_Ah gia!
Lui la raggiunse, si chinò per baciarla in fronte e poi con un gesto sfuggente prese la sua Furla e uscì di casa.
Virginia seduta su di una sedia con le gambe allungate su quella di fronte si raccolse il volto in una carezza restando così, appesa a se stessa, stanca e stufa, anche di quella relazione. 

(continua..)