martedì 26 febbraio 2013


Mano a mano che le giornate si scaldavano anche l’aria della sera diventava sempre meno pungente ed era piacevole uscire solo con addosso il golfino, le stradine sterrate del paese erano poco illuminate ma il contesto era talmente piccolo che Lucia non temeva nulla.
La fontana dove le massaie di giorno andavano a lavare a mano gli indumenti, di sera diventava il luogo di ritrovo per il Nando il Bepi il Toni e Maria: rispettivamente Fernando, Giuseppe, Antonio e Maria, questi erano i suoi amici, gli unici ragazzi che più o meno avevano la sua stessa età, gli unici che la conoscevano e che erano cresciuti insieme a lei.
_Ei! Ciao! Chi si vede!
_Ciao!
_Allora? Ti hanno preso? E’ andata bene la prova?
_Si purtroppo!
_Ma come purtroppo, ti danno dei soldi!
_Si per scappare!
_E dove vuoi scappare? La vita va presa come viene!
_Se ti vuoi accontentare! 
_Come siamo esigenti! Cosa credi di andare a fare a Milano? Il presidente della Repubblica?
_A parte che dovrei andare a Roma! Ignorante!
_Basta litigare, mi fate venire il mal di testa! Tenete fate un tiro dalla mia sigaretta del piacere e vedrete che vi sentirete meglio!
Lucia voleva bene ai sui amici ma a volte sentiva come se a loro mancasse qualcosa, uno stimolo, una passione, anche solo l’idea che il futuro fosse ancora tutto da costruire e che non poteva essere limitato all’idea di percorrere una vita uguale a quella dei propri genitori! In montagna non c’era niente, non c’erano locali, non c’erano librerie, non c’erano musei, non c’era lavoro, non c’erano nemmeno ragazzi da conoscere! Si, il Nando era innamorato di lei sin dalle scuole medie ma per Lucia era solo un amico e poi lui desiderava andare a vivere in malga allevare al pascolo le mucche e produrre il formaggio per il resto dei suoi giorni! Bello, bellissimo, se sei una hippy sociopatica alla ricerca di un posto isolato nel quale scappare dal mondo!
_Dai tieni, assaggia questa l’ho coltivata io!
_Come l’hai coltivata tu?
_Si, roba nostrana! Assaggia assaggia! Senti che aroma! Senti che gusto!
Lucia prese lo spinello e aspirò a pieni polmoni, sapeva che non doveva diventare un vizio ma quel paio di tiri con gli amici le davano soddisfazione, aspirò ancora e ancora e iniziò a provare un leggero sollievo, sempre più forte, sentiva come se in petto si sciogliesse un nodo.
_Nando, domani vengo a prendere una forma di toma.
_Certo! Ti aspetto!
_”Certo che ti aspetto” non faccio altro da anni! Ha ha ha!
Lucia non si imbarazzava alle battute ormai le conosceva, Nando era sempre gentile con lei, forse era l’unico ragazzo cresciuto in mezzo ai pascoli ad avere un atteggiamento fine ed educato inoltre possedeva un aspetto rassicurante, sereno, sempre sorridente, con la barbetta incolta sulle guance scavate e arrossate eppure non c’era scintilla, non c’era magia, farfalle nello stomaco, attesa, tensione, nulla, il vuoto più assoluto. A Lucia avrebbe fatto anche piacere averlo come fidanzato, sarebbe stato comodo li, a due passi da casa, ma non poteva accontentarsi. Non così tanto!
Non si era mai innamorata e nella vita voleva provare anche questa emozione, era troppo giovane per un compromesso così grande!
Rientrando in casa fece attenzione a non fare rumore, con le scarpe in mano cercò di raggiungere la sua stanza subito dopo quella di sua madre che con un po’ di fortuna stava già dormendo
_Sguardrina! Esci la sera come fanno le lucciole!
_Mamma dormi!
_Il paese ti vede! Ha orecchie e occhi anche la notte! Sei una svergognata!
Quelle parole ormai le scivolavano di dosso, sapeva che la mentalità di una madre anziana era troppo distante dalla sua prospettiva di vita ma nello stesso momento desiderata zittirla, magari metterle un tappo in bocca e non doverla più sopportare!
* * *
Il lavoro in laboratorio era troppo noioso, ogni volta che Lucia alzava lo sguardo per vedere l’ora erano passati solo cinque minuti dalla volta precedente, inutile dire che non era il lavoro che desiderava. Le altre ragazze lavoravano con la testa china, facevano una piccola pausa sigaretta e poi tornavano come automi senz’anima attaccate alla macchina, il loro gesti erano talmente ripetitivi da sembrare un prolungamento stesso dell’ingranaggio. Lucia non ce la faceva a stare seduta per tutte quelle ore, sentiva le gambe che le dolevano desiderava in continuazione poterle allungare ma doveva mantenere il piede sul pedale per azionare l’ingegno, sentiva che le spalle si stringevano e il collo si incassava, il suo corpo si ritraeva e si accartocciava su se stesso e diventava sempre più piccolo e sempre più atrofizzato, a fine giornata Lucia contava i minuti che l’avrebbero liberata dall’incantesimo, le lancette si sarebbero fermate sul numero sei facendo scattare gli ingranaggi che sbarravano la porta del laboratorio e lei si sarebbe aperta come un fiore riappropriandosi del suo corpo crocchiando rumorosamente le cartilagini. Un’altra giornata finita, fuori il sole aveva dato vita a tutto mentre lei aveva passato ore dentro ad un garage senza finestre.
* * *
_Ebbasta! Io voglio fare l’infermiera!
_Ma non hai paura ad andare a Milano?
_No perché? Ci vivono persone come me, non dovrebbe essere così atroce!
Fernando la guardava con occhi melanconici
_Allora è sicuro, te ne stai andando…
_Di sicuro non c’è ancora niente, dipende da quanti soldi riesco a risparmiare anche se per i primi tempi andrò a casa di mia zia!
Lucia alzò lo sguardo e rimase stupita nell’incontrare il viso triste di Nando, sapeva che aveva una cotta per lei ma se lo era sentito dire talmente tante di quelle volte che ormai credeva fosse solo una leggenda metropolitana, invece in quegli occhi tristi ma compiacenti raggiunse la consapevolezza che forse la leggenda nascondeva un fondo di verità. Disarmata si sentì a disagio
_Io vado in malga
_Cosa?
_Io vado via, raggiungo mio cugino e passerò l’estate in malga, farò il formaggio più buono che tu abbia mai assaggiato nella tua vita, ma non potrai farlo perché sarai talmente distante, talmente distante che ….
_Guarda che non vado mica in Svizzera!
_Lucia, fidanziamoci!
_Ma che dici!
_Dai! Perché no! Tu mi piaci tanto! E stiamo bene insieme! Potresti venire in malga a trovarmi!
Lucia rimase di fronte a lui bloccata, ghiacciata, non voleva ferirlo ma non lo voleva nemmeno come fidanzato! Fernando la anticipò:
_Ho capito, non dire nulla, però io proprio non ti capisco.
_Io me ne devo andare, se mi conosci anche solo un po’ sai che se mi obblighi a restare qui, mi uccidi.
_Perchè? Perché non ti va bene una vita normale?
_Ma io voglio una vita normale! E’ per questo che me la vado a cercare! Una vita piena di felicità! Io non ci  credo che chi si accontenta gode, io credo che chi la dura la vince! Io voglio fare l’infermiera! Non posso nemmeno pensare all’idea di passare il resto dei miei giorni ad attaccare pizzo alle mutande dei ricchi!
_E io? Valgo almeno qualcosa?
_Tu sei la persona più importante di questo mondo per me, ma ti voglio bene come un fratello! Ora posso avere il formaggio? 

martedì 19 febbraio 2013


Kassia sono le due e mezza, dobbiamo fare il giro di controllo!
_Ma non ho ancora finito il capitolo!
_Kassia! Sei una perditempo! Alzati!
_Arrivo! Ma questo libro è davvero interessante! Cosa stai mangiando?
_Confetti.
_E da dove arrivano?
_Dalla rompipalle!
_Sei riuscita a placarla?
_Non beve quel maledetto the! Ma giuro che se entro mezz’ora non dovesse dormire la sedo con un pugno in testa!
_Ma che te frega! Lasciala sveglia! Domani sarà più remissiva! Tu sei troppo rabbiosa!
_E’ per questo che me ne vado!
_Si ma cosa credi che in ospedale la gente sia migliore? Sono tutti piangenti, purulenti, arroganti, impauriti, puzzolenti, scortesi, ignoranti attaccati a tubi sanguinolenti e vomitano tutti quintali di merda. Perché hai scelto questo lavoro? Non sopporti nemmeno la morte! Scommetto che alla tua prima autopsia sei svenuta! Ti devi lasciare scivolare le cose da dosso! Altrimenti non sopravvivi! Dal giorno in cui te ne andrai controllerò il giornale tutti i giorni!
_Perché?
_”Infermiera killer” Uccideva i pazienti per alleviare il mondo dalle piaghe sociali. Ha ha ha!
_Scema! Dai allora facciamo che io uomini e tu donne, non fermarti nella stanza della rompistorie!
_Sono tutti rompistorie!
Sara fece il suo giro molto velocemente, aveva fatto male a lasciare le donne a Kassia si sarebbe fatta intortare dalla vecchia! Sapeva che l’avrebbe trovata in camera con lei, non aveva voglia di ascoltare aneddoti per tutta la notte! Sistemò due coperte, un catetere, una persiana, l’ossigeno e scoprì un nuovo morto ma doveva correre da Kassia, in cuor suo lo sapeva, lo sentiva, Kassia era troppo facile da far abboccare!
_Kassia!
_Sara! Siediti qui con noi! Vuoi un confetto?
Kassia era seduta sul letto della sig.ra Lucia e sgranocchiava confetti manco fossero noccioline.
_Dobbiamo tornare in guardiola e la signora deve dormire!
_Signorina, si sieda qui con noi, non ho ancora sonno, prenda un confetto!
_Dai Sara il prossimo girò è alle sei! Abbiamo tre ore se dormo io non mi sveglio più!
Sara lanciò un’occhiata alla tazza sopra il comodino, era vuota, la signora aveva bevuto il the, con due tavor in corpo si sarebbe addormentata a breve!
_Va bene, passatemi quei confetti! Di cosa state parlando?
_Esperienze da infermiere!
_Ooooooooo e la cosa dovrebbe impressionarmi?
La signora Lucia le lanciò uno sguardo tagliente
_Sei una poppante arrogante! Cosa credi di sapere tutto? Credi che il lavoro in ospedale sia semplice o scontato?
Sara che si sentiva molto più rilassata rimase immobile in silenzio, si voltò verso Kassia che rideva sguaiatamente, il suo respiro si era fatto più lento e non sentiva resistenze, probabilmente non riusciva più a passare una notte completamente in bianco, stava iniziando a perdere colpi.
_Signora, sentiamo allora, come ci si comporta in ospedale?
_Bene, vedo che vuoi ascoltare la mia storia! Allora inizio dal principio: io sono nata in un piccolo paese sperduto tra le montagne, non c’era e non c’e niente…
_Ecco perché non voglio ascoltare i pazienti, perché partite sempre a raccontare l’inizio della vostra vita! Quanti anni devo aspettare prima di arrivare alla storia vera?
_Cara, stai zitta! …vuoi un altro confetto?
Sara allungò la mano ma lo sguardo della signora la fece desistere, era inquietante, la sua gentilezza era forzata come se lo facesse per costringerla a mangiare, comunque con flemma quasi innaturale prese un altro confetto e lo portò alla bocca, si sentiva molto rilassata, si era fatta sopraffare dalla stanchezza della notte, voltò il viso e si accorse che Kasia la stava osservando da vicino, troppo vicino! Con la bocca aperta in un mezzo sorriso inebetito e l’occhio a mezz’asta.
_eeeeeeeeeeeeeestai zitta…. Dai che voglio sentire…. Dai dai!
Kasia raccolse un rivolo di bava al lato della bocca
_Kasia stai bene?
_Siiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii, sto benone. Ssssssssssssssssssssssssssssssssst!
_Allora! Dicevo, sono nata in un paesino sperduto tra le montagne, odiavo quel posto, non c’era nulla, solo pascoli, mucche e tanti vaccari.

* * *

Le campane rintoccavano le sei, Lucia odiava quel suono, era come una litania che echeggiava tra i monti e si perpetuava nella solitudine dei pascoli. La montagna si scaldava nuovamente dopo un lungo inverno e lei pur riempiendosi i polmoni di sole detestava l’idea di dover restare bloccata li.
Aveva terminato la scuola magistrale e ora mancava poco per raggiungere il suo sogno anche se per poter frequentare l’istituto infermieristico sarebbe dovuta andare a Milano.
_Ciao mamma.
_Allora ti tengono a lavorare?
_Si, dicono che sono un po’ lenta, mi daranno tutto in nero.
_Bene!
_Già.
_ Sei fortunata!
_Già ..  Cosa c’è per cena?
_Minestra.
_Vado a farmi una doccia
_Veloce che è pronto!

La freddezza di sua madre ormai non la feriva più, i loro discorsi erano sempre essenziali e veloci, sua madre non voleva che Lucia se ne andasse e nascondeva il dispiacere nel distacco.
Sotto l’acqua bollente Lucia si sentiva sciogliere, in quel posto dimenticato da Dio lei era l’unica del suo anno ad essere riuscita a prendere un diploma, avrebbe potuto iniziare a fare l’insegnante nella scuola comunale, c’era un posto vacante,  sembrava fatto apposta per lei, tutti pressavano e nessuno capiva perché non si potesse accontentare di vivere tra le montagne.
Sicuramente non poteva aspettarsi che una comunità così piccola e semplice potesse capire il suo bisogno di realizzare un desiderio, i ragazzi della sua età avevano poche opportunità di trovare un lavoro: barista, operaio in una cava oppure sarta in uno dei mille laboratori a conduzione famigliare che assemblavano l’intimo di marche prestigiose.
Lucia, in attesa che arrivasse settembre cuciva per guadagnare i soldi che l’avrebbero aiutata a partire.
Aveva imparato ad odiare l’intimo femminile in un solo giorno di lavoro, odiava il pizzo, odiava le guepiere, odiava la seta, odiava le persone che si sarebbero potute permettere di acquistare un capo così costoso, odiava il fatto che lei assemblava con cura cose che costavano quanto e più del suo salario, pagato da persone che vivevano in città, la stessa città nella quale desiderava emigrare! 
Ancora sotto la doccia teneva i polpastrelli sotto il getto di acqua calda nel tentativo di provare sollievo, invano, quella leggera pressione era a mala pena sufficiente per risvegliare la pelle indolenzita dall’usura.
_L’acqua! Costa!
_Ho finito!
Neanche una doccia in santa pace!
Lucia era talmente irata contro se stessa che non sapeva come reagire, nella stanza accanto c’era sua madre, con una minestra triste e una valanga di parole  vuote. Lucia gonfiò il petto con due lacrime ai bordi degli occhi e guardando verso l’alto promise a se stessa che non avrebbe abbandonato il suo destino in mezzo ai pascoli e alle mucche,  non poteva  morire nel paese del nulla cucendo mutande o allevando marmocchi per il resto della sua vita, doveva resistere, risparmiare ed emigrare!
La luce della cucina era spenta, per risparmiare corrente, la minestra era slavata e conteneva le verdure coltivate nell’orto oltre ad una manciata di riso in due. Il silenzio di quel pasto era scandito dal tintinnio delle posate e Lucia nella sua mente stava già architettando di dileguarsi subito dopo: gli unici 4 giovani del paese si ritrovavano alla fontana ed Elisa li avrebbe raggiunti, sua madre naturalmente non approvava. 

martedì 12 febbraio 2013


La luce della guardiola era l’unica nel corridoio, i grugniti nella notte soffocavano lamenti lievi, Kassia leggeva un libro mentre Sara sdraiata sulla brandina cercava di non cedere al sonno
_Cosa leggi?
_La biografia di Franco Trentalance
_Ma non è un pornodivo?
_SI
_Ma daaaaaaaaaaai! E cosa dice?
_A dire il vero ne traspare un uomo molto positivo, mi piacerebbe conoscerlo!
_Già, anche a me, anche perché ormai sono mesi che non si batte chiodo!
_Come sei volgare!
_Ma smettila! Guarda cosa stai leggendo!
_Taci! oca! Dormi, chiudi gli occhi e la bocca!
_Vado a fare un giro
_Ssssst!
Sara si alzò per non cedere alla tentazione di strangolare Kassia, che noia, non voleva dormire, solitamente le notti venivano sempre interrotte da qualche cosa e continuare a svegliarsi le faceva venire un grande mal di testa, a questo punto preferiva passare la notte completamente in bianco. Nelle stanze la maggior parte delle persone dormivano anche perchè erano state quasi tutte sedate, Sara inizialmente non apprezzava questo genere di trattamento ma dopo una settimana si sentiva sollevata nel poter fermare una valanga di lacrime, rimorsi, lamenti, insulti, urla, rabbia e amarezza, arrivava con la sua siringa e zac! Bloccava tutto, anche sul nascere! Qualcuno ugualmente non riusciva a dormire, durante i primi anni di lavoro Sara entrava e si sedeva sul bordo del letto per scambiare quattro chiacchere, ma poi si affezionava a “uomini morti che camminano” e ci rimaneva male, troppo male tanto da aver evitato qualsiasi contatto umano.
Stanza 22 tutti dormienti, stanza 23, la sig.ra Scicchinicchio dentro da solo tre giorni guardava nel buio fuori dalla finestra, Sara avrebbe dovuto abbassare la tapparella e invitarla a dormire ma preferì lasciarla indisturbata nella propria intimità, stanza 24 la simpatica new entry:
_ma che kazz! Signora Lucia! Cosa sta facendo?
_Controllo, è morta! È morta!
La compagna di stanza dormiva sul letto senza dare segni di vita mentre la sig.ra Lucia le tastava i polsi e il collo.
_E’ sedata! Non si sveglierà mai!
_Ma voi siete pazzi! Questa la fate morire con tutti i calmanti che le date! Sembra morta! Vieni, vieni qui a sentire! Non ha battito!
_E lei che ne sa!
_Guarda signorina che si da il caso che io sia infermiera!
Infermiera? Pure!
_Mi faccia sentire!
Sara prese il braccio della signora inerme e non sentì polso, mise due dita sul collo e non sentì nulla. Kazzo questa è morta realmente! Si voltò lentamente verso la nonna e la guardò agghiacciata.
_Su, su ragazza! Non sarà la prima volta che vedi un morto!
_Signora, io sono un’infermiera professionale, temevo solo che lei si impressionasse.
_Bene allora siamo colleghe!
_No signora, io sono l’infermiera, lei lo è stata.
Lucia la guardò severa
_Bimba, ai  miei tempi si faceva il giuramento di non sposarsi perché essere una infermiera era una vocazione! Io ho giurato che avrei dato la mia vita per questo lavoro, quindi non venirmi a dire scemenze!
_Signora…. Va bene allora facciamo che la lasciamo qui e aspettiamo il giro del medico domani mattina per la constatazione.
_E non mi lascerai qui da sola la prima notte con una morta in camera!
_Ma lei non era fredda a questo tipo di cose?
_Perchè dovrei essere fredda? Ho visto talmente tante cose strane in ospedale che non la voglio vicino!
_In che senso cose strane?
_Tesoro da quanto tempo lavori?
_Da tre anni
_Bimba….. impara a lavovare!
_Se sopravvivo a questa notte!
Sara prese il letto della morta che fortunatamente era dotato di rotelle e lo spostò nella camera a lato, i vecchi nei loro letti dormivano profondamente, non si sarebbero accorti della scomoda presenza, poi tornò da Lucia sperando di vederla a letto invece la trovò in piedi che frugava dentro al suo armadio.
_Signora Lucia, adesso però è tempo di dormire! Sono le due di mattina!
_Non ti permettere di dirmi quando devo dormire! Sto cercando il mio diario e non so dove sia finito!
Sara si stava spazientendo
_Ma… proprio adesso deve scrivere? Senta facciamo una cosa, adesso io vado a prepararmi un thè, ne vuole un po’ anche lei? Così ci rilassiamo insieme e poi le do la buona notte!
La signora si immobilizzò, si voltò rigida verso la ragazza e guardandola in modo severo le disse:
_Va bene cara, vai a preparare il thè.
Sara uscì dalla stanza irata, intenzionata a sistemare la rottura di palle nel più breve tempo possibile, non aveva voglia di passare tutta la notte a gestire una vecchia adrenalinica con le manie di onnipotenza! Attraversò il corridoio con passo deciso ed entrò in guardiola sbattendo la porta con i nervi a fior di pelle.
_Tutto bene?
Kassia parlò senza alzare lo sguardo dal libro
_C’è una morta, la dobbiamo denunciare?
_Nooooooooooo, lasciamola per il turno del mattino. Ma che fai? Ti sei messa a controllare i dormienti? Se ne è accorto qualcuno?
_Una vecchia rompikoglioni! Che adesso sistemo subito!
Sara aprì il cassetto delle emergenze ed estrasse una confezione di Tavor.
_Lorazepam! Ti sistemo io vecchia!
_Le avevi promesso che non l’avresti sedata.
_Dovevo farmi promettere che non avrebbe rotto il kazzo!
Sara prese due compresse le tritò schiacciandole tra due cucchiai e le sciolse dentro ad una tazza di the caldo, preparò un’altra tazza sana e tornò nella stanza della sig.ra Lucia.
_Eccoci! Bello caldo!
Appoggiò la tazza soporifera sul comodino della signora, avvicinò una sedia al letto e restò vicino a lei sorseggiando il the, aspettando che Lucia facesse lo stesso.
_Cara, senti, mi potresti fare un favore?
_Dipende!
_Dato che sei una infermiera ti vorrei fare un regalo, solo che è dentro alla mia valigia sopra il mobile, me la potresti porgere?
A Sara stavano già saltando un’altra volta i nervi ma mantenne un atteggiamento calmo e accondiscendente
_Signora la ringrazio ma non si disturbi
_Sei un’infermiera giusto? Andrai prima o poi lavorare in ospedale, lo sai che dovrai farti crescere il pelo sullo stomaco e lima sui denti?
_Signora non sono più una bambina e comunque qualsiasi cosa accadrà la affronterò al momento debito.
_Pf! Piccola! Non sai cosa ti aspetta!
_Va bene signora, cosa mi aspetta?
_Prendi la mia valigia…
Sara sapeva che dentro alla valigia non ci sarebbe stato nulla di sconvolgente, la signora le avrebbe porto una collanina, un santino o un rosario e non aveva voglia di spaccarsi la schiena per prendere una valigia appoggiata sopra ad un mobile polveroso ed instabile.
_Signora io tra due minuti devo fare il giro di controllo, poi la voglio trovare con gli occhi chiusi che dorme! Senta ma il the lo beve o lo porto via?
_Che fastidio ti da? È troppo caldo per i miei gusti! Invece prendi uno dei miei confetti, sono buonissimi! Ne ho davvero tanti! Prendi! prendi!
Lucia prese il cofanetto di ceramica che aveva sul comodino e aprendolo lo porse.
_Come mai così tanti confetti? Una nipote che si sposa?
_E’ una storia lunga, la vuoi sentire?
_Magari dopo!
Sara da tradizione prese tre confetti e ringraziando uscì.