Ogni
mattina la sveglia suona alle sei esatte, Virginia si alza un’ora prima
rispetto alla sua tabella di marcia per riuscire a stirare i lunghi e
arricciati capelli. Il tedio e la stizza per l’aspetto poco ordinato è tale da
imporsi si lisciare e ordinare una capigliatura a suo dire“selvaggia”, dopo di
che trucco e si esce di casa. Autobus, metropolitana, cambio di linea, tram e
passeggiata a piedi. Poi finalmente inizia la giornata.
Dalla
sua postazione Virginia poteva osservare tutto l’ufficio, la sua segretaria, le
due amministrative, l’ufficio contabilità e in fondo, nascosto dietro ad una
cascata di persiane bianche, l’amministratore delegato dell’azienda.
Lei
teneva tutti sempre sott’occhio, non aveva mai creduto nei rapporti di amicizia
tra colleghi oltre a considerarli sconvenienti, come avrebbe potuto riprendere
una persona che poco prima poteva aver raccolto una confidenza intima?
Inoltre
dopo aver rischiato di venire scavalcata nel suo ruolo dalla precedente
segretaria preferiva circondarsi di persone mediocri, scimmie ammaestrate in
grado di svolgere i loro compiti e timbrare la sera prima di uscire. In ufficio
non potevano esistere amici.
_Buongiorno
Sabrina, ci sono notifiche per me?
_No
dottoressa.
_Ricordami
gli appuntamenti della giornata
_Tra
mezz’ora riunione plenaria e dalle 15.00 iniziano i colloqui per la ricerca dei
commerciali.
_Bene,
se tardo alla riunione chiedi ai candidati di aspettarmi e ordinami il solito
panino al bar di sotto con spremuta.
_Spero
che riesca a mangiarlo!
Virginia
si voltò seria e fissò la segretaria senza alcuna espressione in viso. Non
disse niente, ma il solo atteggiamento fece ricordare alla ragazza che quel
rapporto non aveva spazio per interventi personali.
La
riunione si rivelò noiosa come da aspettativa, lei presentò il budget per
l’anno in corso e non si sorprese se mentre cercava di pronunciare alla meglio
l’inglese che aveva studiato, utilizzare termini appropriati e controllare il
prurito che le collant le procuravano, i colleghi sembravano interessati solo
al suo decoltè. La disciplina, la tensione professionale e la dedizione per il lavoro sembravano
svanire, abbattuti dallo stupore che un wonder-bra poteva suscitare di fronte
ad una platea puramente maschile. Involuti. Solo poche persone erano in grado
di riconoscere la sua rofessionalità, peccato che queste non fossero tra i
presenti.
Per
il resto, raccomandati superbi e…. raccomandati, si susseguirono come ad uno
spettacolo circense.
Mentre
lei aveva ricevuto espliciti solleciti se non minacce per aumentare la
retribuzione dei pupilli aziendali, l’azienda stava perdendo quote di mercato.
Pur essendo una ditta farmaceutica stava riscontrando reali problemi di
fatturato a causa della crisi economica in corso.
La
riunione terminò alle 15.30, il panino appoggiato sulla sua scrivania era ormai
freddo, deglutì velocemente la spremuta e uscì nuovamente per iniziare la serie
di colloqui dedicati alla ricerca di due nuovi commerciali.
_Sabrina
passami i c.v. dei candidati, sono in ordine cronologico?
_Certo!
Alzando
lo sguardo i suoi occhi scivolarono sulle tendine oscurate dell’ufficio
dell’amministratore delegato.
_Chi
c’è in riunione con l’amministratore?
_Non
saprei
Era
strano che l’ufficio fosse oscurato, non lo era mai. Virginia non credeva alle
sensazioni ma solo agli eventi di causa effetto. Il fatturato era in calo,
dalla casa madre i dividenti tra i soci erano stati più magri, parte della
produzione sarebbe stata spostata in India e ora l’A.D. in riunione segreta e
oscurata. Causa-effetto, causa-effetto.
Quella
catena di eventi sarebbe ricaduta su di lei. Lo aveva calcolato.
_Tieni
d’occhio quell’ufficio mentre colloquio, e cerca di sapermi dire qualche cosa
di più quando esco.
I
tacchi a spillo emettevano un tonfo sordo sul parquet dell’ufficio, il
pavimento rialzato acuiva il suono facendolo sembrare più simile al rumore del
passaggio di un animale ferrato, e come una puledra fiera Virginia camminava
sicura e agguerrita, una Valchiria sul campo di battaglia.
Il
primo candidato era semplice, puro, trasparente, forse troppo, non sembrava
avere appiglio commerciale mentre il secondo era talmente nervoso che ruppe la biro
che teneva in mano.
Il
terzo candidato si presentò in modo molto professionale oltre a possedere un
aspetto realmente attraente, Virginia iniziò con qualche domanda ma attratta
dalla finezza dei modi fece cadere lo sguardo più volte sulla data di nascita
del candidato. Giovane e preparato, all’età di 25 anni aveva avviato da solo
una attività di vendita on line nella cantina di casa, il paragone ricadde
velocemente su Giulio: mantenuto, 35 anni buttati nel cesso.
Appoggiò
la mano sulla fronte, un respiro profondo le uscì dalla bocca e osservò
quell’uomo attraente di fronte a lei, la camicia bianca stretta sotto la
cravatta nera, la voce profonda e lo sguardo fisso su di lei. L’aria era carica
di tensione e Virginia voleva ignorarne la natura, doveva rimanere coerente e
concentrata ma ecco di nuovo il tick. NO! Cavolo, ancora quella danza intorno
al viso, trattieni Virginia, trattieni, fai un respiro profondo, resisti al
volere della mente, fai scivolare via il pensiero, veloce!
_Tutto
bene?
_Come?
Si
era accorto del suo disagio!
_Sta
bene? Sento che affanna! Vuole prendere un po’ di aria?
Cosa
stava succedendo? Un candidato che leggeva in lei disagio? Non si sarebbe mai
perdonata questa mancanza, divenne rossa in viso e per questo si sentì ancora
peggio. Basta, guancia destra e sinistra, occhiale desto e sinistro, tempia
destra e sinistra. Uff, adesso poteva andare meglio!
_Sto
bene, sto bene, solo un po’ di stanchezza. Vada pure avanti!
_Guardi
che realmente, se vuole interrompere per dieci minuti io aspetto.
Di
solito l’insistenza di una persona la irritava, ma quel marcantonio spartano
uscito da un libro di Epica sembrava convincente.
_Facciamo
così, io adesso vado a prendere un caffé ma solo se mi accompagna. Offro io.
Dato che si presenta per un posto in qualità di commerciale non dovrebbe essere
spaventato dai cambi di programma.
_Va
bene!
Ma
cosa stava facendo? La logica era coerente ma il comportamento transigeva dal
suo rigore personale e professionale! Qualcosa le solleticò leggermente il viso, ma questa volta se lo fece scivolare
dalla mente. Caffé con Leonida!
Quando uscì dalla stanza del colloquio non
dimenticò di osservare che le tendine bianche dell’ufficio dell’Amministratore
erano ancora oscurate. Ma cosa stava succedendo?
_Mi
segua.
_Stiamo
uscendo dall’azienda?
_Si
andiamo al bar di sotto, il caffé delle macchinette è disgustoso!
_La
seguo!
Le
porte dell’ascensore si chiusero e lei ebbe un sussulto, chiusa in quello
spazio limitato non potè fare a meno di respirare a pieni polmoni il profumo
del giovane. Ma cosa le stava succedendo? Di solito si scopriva frigida e senza
troppo interesse per gli uomini, o forse aveva perso interesse per l’unico uomo
che esisteva nella sua vita da troppo tempo. Al bar il colloquio si trasformò, divenne
più rilassato e meno formale:
_La
ringrazio per avermi assecondato, avevo bisogno di aria.
_Si
figuri, quando vuole!
_Diciamo
ad un secondo colloquio?
_Perfetto!
Quando?
_Il
secondo sarebbe con il responsabile dell’ufficio commerciale, devo solo trovare
una data in cui sia in ufficio.
_La
ringrazio per la fiducia. Spero solo che non sia grazie al caffé!
Ecco,
perché quando tutto stava proseguendo alla meglio le persone si permettevano di
fare battute fuori posto? Cosa intendeva dire?
Credeva
realmente di averla comprata? Ma per chi l’aveva presa? Per una di quelle donne
che vendono la loro professionalità in cambio di uno stipendio per nutrire una
schiera di marmocchi affamati?
_Guardi
che il caffé non era corretto!
Leonida
si accorse del cambio di tono e cercò di riparare
_Non
era mia intenzione . .
_Si
la ringrazio, la farò contattare dalla mia segretaria.
Si
alzò di scatto strinse la mano e se ne andò, lasciandolo li, disorientato e
pieno di sensi di colpa a domandarsi se la battuta fosse realmente così grave
da compromettere il colloquio.
Virginia
in ascensore si tenne il viso tra le mani, non poteva scoprire di sentire
ancora quel tocco sul viso, tutta la tensione che stava vivendo la stava
dilaniando. Doveva ricomporsi, rientrare in sé, il suo lavoro dipendeva dalla
sua competenza e dalla sua credibilità.
Rientrò
in ufficio fieramente sostenuta, la segretaria la seguì con una pila di
documenti in mano, la giornata stava per finire ma non per lei. Quando la porta
si chiuse tirò un sospiro di sollievo. In quella lunghissima giornata non si
era ancora fermata. Osservò il suo cellulare per la prima volta, 5 sms.
1_Mi
manchi
2_Questa
sera cucino io
3_Quando
torni?
4_Ti
prego non lasciarmi fare un lavoro normale!
5_Vodafone,
ricarica di 15 euro.
Ma
cerca di comprarmi con 15 euro di ricarica? Giulio era realmente il peggiore
ruffiano che avesse mai incontrato. Anni prima, annebbiata dall’amore, aveva
permesso che un uomo diventasse un peso nella sua vita ora che quella storia
era realmente finita non riusciva più a liberarsene, come uno sfratto con
minore, come una ceretta dopo un mese di rasoio, come una cacca sotto le Geox!
Ma
come aveva fatto a ricaricargli il cellulare? Si era nuovamente rubato la carta
di credito? Come un lampo si voltò verso la borsa, prese il borsellino e
aprendolo non trovò la carta di credito. Ladro!