1.1. CONTROPELO
Virginia
percorreva il corridoio dell’ufficio determinata e sicura avvolta dal suo
tubino nero, aderente, succinto. Il potere della sua quarta di reggiseno era
talmente dirompente che nessuno aveva mai pensato che il posto di responsabile
del personale della In-Pharma fosse arrivato per pura meritocrazia. Eppure la professionalità, la rigidità e la
saccenza che la determinavano, facevano pensare che in fondo nessun altro
avrebbe potuto ricoprire quel ruolo. Terminato il corridoio si voltò, gli
sguardi si ritrassero e lei entrò nel suo ufficio.
Sostenuta
dai lombari sodi sedeva rigida, sicura, eretta sulla sedia norvegese in legno massello piegato a vapore,
dritta, come se al posto della colonna vertebrale avesse avuto un pilastro di
marmo. Le sue dita scivolavano sulla
tastiera con la stessa decisione e leggiadria di una pianista affermata,
manovrando, gestendo e scindendo tutto quello che uomini molto più affermati di
lei erano abituati a fare ma disarmati di fronte al fascino di una giovane
donna dotata di una mente multitasking e assolutamente determinata a
raggiungere il traguardo, prima, unica e caustica.
_Ciao
amore com’è andata oggi?
_Devo
assolutamente decidere se tenere il ragazzo dell’agenzia, è sicuramente più
abile del mio responsabile paghe e contributi, la nuova stagista è una emerita
decelebrata, mentre l’idiota del magazzino, ….. dovrei assumere qualcuno per
eliminarlo, se morisse, farebbe un piacere all’intera umanità. Involuto del
kazzo, ha combinato più casini che altro. Se incaricassi una scimmia
ammaestrata di impilare cassoni senza muletto sarebbe più produttiva del
deficiente, e quel ritardato ha avuto anche il coraggio di perpetuare la sua razza,
per ben tre volte!
Spero
che prendano almeno un diploma di terza media in tre! … E tu?
_Io
bene, solita giornata, ho provato a chiamarti in pausa pranzo ma non hai
risposto
_Si,
stavo provando un paio di scarpe, ti piacciono?
_Ma
non ne hai già tante?
La
sua mano si accostò sul proprio volto in una carezza nervosa, un tocco, prima
la guancia sinistra e poi la destra.
_Io
guadagno, io spendo. Oltretutto non mi sembra di averti mai permesso di
mantenermi. Ergo... Hai preparato la cena? Sono stanchissima.
_Certo
padrona!
_Sciocco,
se tornassi a casa prima di te la preparerei io, solo che poi dovresti mangiare
realmente quello che cucino. Insomma sai bene quante volte abbiamo concordato
che è meglio per tutti!
_Già.
Senti domani sera io non ci sono, nemmeno per cena.
_Vedi
i tuoi amici?
_Si
_E
oggi cos’hai prodotto? Sei andato avanti con il tuo progetto? Sei vicino alla
fine da ormai due mesi!
La
sua mano si levò nuovamente sulla propria fronte, prima sulla tempia destra per
poi sfiorare la tempia sinistra. Sapeva già quale risposta avrebbe ottenuto.
_Sono
in blocco artistico. Oggi ho fatto altro.
Lo
sapeva. Ripeté nuovamente il tocco sulle guance.
_E
cos’hai fatto?
_Ho
preso il treno e sono andato a fare un giro sul lago.
Il
rigore di quel corpo che era già estremo ebbe un sussulto impercettibile mentre
la pelle che la ricopriva si tese in uno spasmo millesimale. Tutta la sua
persona si era direzionata, protesa e incuneata verso un unico vertice:
riuscire a raggiungere il suo obiettivo, e ce l’aveva fatta.
Il
segreto? Autodisciplina e fatica. E ora si trovava di fronte ad un uomo,
bianco, caucasico, uno di quegli esseri che ritengono senza alcun dubbio di
essere migliori in quanto maschi, uno di quelli ai quali è stata insegnata la certezza
malsana che la donna sia un essere capace di donare amore attraverso le
faccende domestiche. E lei lo stava mantenendo da ormai quasi due anni.
Se
non lo avesse conosciuto e lui si fosse
presentato ad un colloquio per domandare un lavoro lei avrebbe buttato il suo
c.v. nel trita carta, con un gesto di trionfo.
_Perchè
non dici più nulla? Perché quando ti dico come ho investitola mia giornata, poi
non dici più nulla?
Tocco
sugli occhiali: in mezzo, destra e sinistra, nuovamente sulla guancia destra e
sinistra.
_Cosa
dovrei dire? Bravo, hai fatto proprio bene ad andare al lago! Ti avrei
raggiunta anche io se avessi potuto. Ma purtroppo stavo lavorando! Io.
_E’
da sei mesi che ogni giorno torni a casa e inizi con il tuo atteggiamento
arrogante! Ogni giorno diventi sempre più odiosa! Lo sai?
Quel
tick fastidioso stava diventando estenuante, nuovamente destra e sinistra:
guancia, occhiale e tempia.
_E
sfacciata! Giulio, io ci ho pensato bene, e sono giunta ad una conclusione, ti
devi trovare un lavoro vero!
_No!
No! Ecco lo sapevo! Sei una grandissima stronza!
_IO
TI MANTENGO!
Entrambe
le mani sulle tempie, doveva cercare di gestire quella sensazione incontenibile
e pazzesca, ma la rabbia era un continuo sollecito. Destra e sinistra, destra e
sinistra.
_Si
ma abbiamo concordato insieme questa soluzione! Non vuoi aiutarmi a raggiungere
il mio sogno? TU ci sei arrivata! Fai quello che volevi fare! Mi avevi detto
che mi avresti aiutato! Lo sai che da solo non
riuscirei a vivere!
_SI,
ma adesso tesoro, sono passati quasi due anni, a cosa sei giunto? Nulla, solo
qualche collaborazione sporadica e inconcludente, ora basta, sei grande e io ho
deciso. Da domani inizi a cercarti un lavoro con uno stipendio. Da me avrai
solo 20 euro alla settimana per comprare i biglietti del bus. E sarai già in
debito per l’affitto che da questo momento verrà pagato per metà da me e metà
da te!
_Ma
non ho più un conto in banca!
_Appunto,
tutto quello che guadagni dovrai depositarlo direttamente sul mio, tanto è
quello che ha mantenuto entrambi per due lunghi anni, non credo che si
offenderà se qualche volta entreranno soldi tuoi.
_Sei
una pazza! Levati le mani dalla faccia! Non ce la fai vero? Sei solo una
psicopatica!
_STRONZO
MANTENUTO!
Virginia
si sentiva tremare tutta in corpo, odiava discutere con Giulio, sperava sempre
che potesse essere l’ultimo litigio, che finalmente avrebbe rotto con lui e
invece quella storia non finiva mai, lei non riusciva ad interrompere perché i
sensi di colpa la dilaniavano.
Lui
senza di lei non avrebbe avuto nemmeno una casa ma poteva la loro storia
basarsi solo su di un rapporto di dipendenza economica?
_Dai
Virgy, sai che non mi piace quando fai la sostenuta - la voce di Giulio era
diventata calda e vellutata- oggi hai avuto una giornata difficile, scommetto
che non hai avuto nemmeno il tempo di riposarti un po’, adesso mi prendo cura
io di te.
_Non
fare il ruffiano, sono arrabbiata con te
_E
per cosa? Perché il mio progetto si è rallentato? Perché mi sono dedicato una
giornata diversa? Forse anche tu dovresti prendere un giorno di ferie, anzi
facciamolo! Potremmo andare insieme alle terme!
_Non
dovresti dedicarti al tuo lavoro?
_Dovresti
rilassarti sai, è solo martedì e sei tornata a casa in un fascio di nervi, non
sei stanca? Non ti senti un po’ stufa? Non fai altro che toccarti in faccia!
_Non
posso smettere di lavorare!
Virginia
si sentiva disorientata, pur essendo una persona molto sicura di sè tendeva a
dare credibilità alle parole del suo compagno e in fondo desiderava che
qualcuno fosse in grado di prendersi cura di lei.
_Se
prendi delle ferie non credo che nessuno avrà nulla da ridire! Dai, andiamo io
e te, non facciamo che litigare!
Eppure
non riusciva a staccare la testa dal lavoro, anche se solo per un giorno
sarebbe venuta meno al suo dovere, non poteva, sapeva che il giorno in cui si
sarebbe assentata in ufficio sarebbe successo un pandemonio.
_Anzi!
Usciamo questa sera!
_No
questa sera no! Sono le nove! Sono stanca morta e affamata!
_Dai
ti prego usciamo!
_Se
usciamo adesso però non andiamo alle terme!
_Si,
si, si quello che vuoi ma dai usciamo adesso io e te per cena!
_Guarda
che ci impiego almeno un’ora per prepararmi!
_Ma
dai vai benissimo così come sei!
_Sono
in tenuta da lavoro.
_E
allora?
_Senti
dai volevo mettermi in pigiama devo ripassare inglese per il corso di domani e
riuscire a riposare, non possiamo ordinare giapponese e mangiare in casa?
_Sei
la solita!
_La
solita cosa? Io domani mi alzo alle sei e sto morendo di fame!
_Ok,
ok, calmati, facciamo che tu ti vai a fare un bagno rilassante e io esco e
prendo d’asporto! Va bene?
_Va
bene, ma fai veloce perché sto morendo di fame!
_Hai
del contante dentro alla borsa?
_Non
ti serve il contante basta che prendi il blocchetto dei ticket, come sempre!
_Ah
gia!
Lui
la raggiunse, si chinò per baciarla in fronte e poi con un gesto sfuggente
prese la sua Furla e uscì di casa.
Virginia
seduta su di una sedia con le gambe allungate su quella di fronte si raccolse
il volto in una carezza restando così, appesa a se stessa, stanca e stufa,
anche di quella relazione.
(continua..)
(continua..)
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