_Adesso
entro e gli faccio il culo! Mantenuto e Ladro! Mantenuto e Ladro! Stronzo! Mi
ruba anche dal portafogli!
Suonò
alla porta ma non ottenne risposta, introdusse le chiavi e la spalancò con
rabbia.
_Ma
dove kazzo sei finito? Dove kazzo la tiene?
Virginia
si diresse in camera sul mucchio di abiti di Giulio, tastò in tutte le tasche
ma nulla, tornò all’ingresso e guardò in tutele giacche appese, nulla. Dove
poteva tenerla? Comodino!
Aprì
il cassetto e tirò fuori tutto il contenuto: profilattici, calze, una bibbia (e
da quando?), e diverse buste nere porta documenti, tre. La prima conteneva i
dati della sua assicurazione sulla vita, che modo di tenerla, tutta ripiegata
su se stessa. La seconda conteneva alcune lettere che lei gli aveva scritto nei
primi anni della loro relazione, tenero. La terza invece fu una vera e propria
rivelazione, i documenti di un conto corrente che conteneva diecimila euro.
Apperò! E questi soldi da dove arrivavano? La busta conteneva anche un estratto
conto degli ultimi tre mesi, 1 gennaio: emolumenti 800€, 1 febbraio: emolumenti
800€, 1 marzo: emolumenti 800€.
_Quello
stronzo figlio di puttana ha un introito e si fa completamente mantenere? Ed ha
anche il coraggio di rubare dalla mia borsa! Calma Virginia, calma, devi
ragionare e capire cosa fare.
Si
prese il viso con entrambe le mani e iniziò a fregarselo con forza sui punti
sensibili.
_Stiamo
calmi, stiamo calmi, adesso, o lo ammazzo quando varca la soglia oppure metto
tutto in ordine e faccio finta di niente, cerco di capire da dove arrivano e
poi trovo il modo di fargliela pagare! FARGLIELA PAGARE!
Un
rumore dall’ingresso, era lui che rincasava
_Virginia?
Sei tornata?
Lei
prese tutti gli incartamenti e li mise nuovamente nel cassetto, si alzò da
terra e velocemente rotolò verso il suo lato del letto.
_Virginia!
Rispondi che mi spaventi!
_Sono
tornata!
_Cos’hai
fatto in faccia? Sei tutta rossa! Ti sei graffiata! Sei stanca?
_Si,
sono stanca.
_Questa
sera ho preparato io!
_Non
dovevi uscire con gli amici?
_Si,
ma ho preferito rimandare, era più importante stare con te.
_Tanto
guarda, mangio un boccone e vado a dormire, sono stravolta.
_Va
bene, ho preparato gli spaghetti allo scoglio!
_Mi
sembra coerente, vivi con una cozza amara!
_Ma
no! Dai che dici? Solo perchè qualche volta litighiamo?
_Giulio,
non ho cambiato idea, ti devi trovare un lavoro!
_Dai
non fare la rigidona!
Il
suo sguardo fu più eloquente di qualsiasi parola. Era troppo difficile
nascondere la rabbia che teneva in corpo. Lo avrebbe ammazzato li, adesso, con
le sue mani!
_Mi
hai rubato la carta di credito?
_Nooooo
l’hai dimenticata a casa!
_Giulio,
io non dimentico mai nulla, mi hai preso la carta!
_Guarda
che è all’ingresso, l’ho messa li per fartela vedere!
Virginia
si alzò di scatto e andò a recuperare il maltolto. Si mise in pigiama e poi a
tavola non proferì parola, mangiò in silenzio, il suo cervello cercava di
escogitare come fare per liberarsi della piaga.
_Vado
a dormire.
_Allora
non ti dispiace se esco! Per me è presto!
_Vai,
levati dai koglioni!
Lui,
incurante dell’atteggiamento irato di lei, si stampò un sorriso in volto,
indossò il cappotto e uscì.
Avvolta
dal tepore del piumone Virginia non poteva dormire, il cuore batteva più di una
mitraglia nemmeno il profumo di lavanda delle lenzuola riusciva a calmarla. Si
sentiva usata, sfruttata in nome di un amore ormai mal dissimulato. Oltraggiata,
disonorata, con l’autostima calpestata, da sempre era stata intenzionata ad aiutarlo
aveva rinunciato a molte cose per poter mantenere entrambi ma la realtà era che
Giulio non sarebbe mai diventato un giornalista e lei lo stava mantenendo come
un figlio adolescente. Ma da dove arrivavano quei soldi? Doveva scoprire per
chi lavorava e cosa faceva. Giulio rincasò alle tre e lei era ancora sveglia,
rimase in ascolto di tutti i suoi movimenti, prima in bagno, poi il pigiama ed
infine nel letto. Eccolo, li di fianco a lei, non meritava quel posto, doveva
stare di fronte, così lo avrebbe potuto prendere a calci in culo! Doveva
trattenersi dall’alzargli le mani, mettergli le dita in torno al collo e
stringere forte. Doveva vendicarsi, sicuramente l’avrebbe aiutata ad
esorcizzare tutta quella rabbia Avrebbe potuto prendere tutte le sue riviste di
arte e farne un bel falò, oppure prendere a martellate il suo mac ma anche
riempire di buchi i suoi completi Armani. Sopraffatta da tutto quell’odio alla
fine cedette alla stanchezza e si addormentò, poco prima che la sveglia
suonasse.
_Questo
fottuto mondo mi vuole uccidere?
_Cosa
succede?
_Dormi
stronzo!
_Va
bene.
Si
alzò, si fece la doccia, come tutte le mattine si stirò i capelli, si truccò
abbondando il correttore sulle occhiaie e poi furiosa si diresse in tailleur
nero verso la fermata dell’autobus. La pioggia sembrava voler affogare la
città, le auto sollevavano pozzanghere incuranti dei pedoni mentre gli autobus
tardavano. Quando raggiunse la fermata della metropolitana si inserì in mezzo
alla folla, strizzata in un abbraccio generale di umanità e ombrelli fradici.
Finalmente il tram e poi il percorso a piedi.
_Buongiorno
dottoressa.
_Sono
zuppa!
_Ha
un appuntamento tra mezz’ora con l’amministratore delegato.
Ecco,
la valanga di causa-effetto si stava staccando dal costone della montagna e
stava per franargli addosso!
_Fammi
portare un caffé in ufficio. Veloce.
_Subito.
Quella
giornata stava diventando letale. Doveva ragionare, cosa le voleva proporre? Di
licenziare mezzo stabilimento? Cassa integrazione? Mobilità? E se invece avessero licenziato
lei?
Doveva
studiare una strategia.
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