domenica 4 novembre 2012


_Adesso entro e gli faccio il culo! Mantenuto e Ladro! Mantenuto e Ladro! Stronzo! Mi ruba anche dal portafogli!
Suonò alla porta ma non ottenne risposta, introdusse le chiavi e la spalancò con rabbia.
_Ma dove kazzo sei finito? Dove kazzo la tiene?
Virginia si diresse in camera sul mucchio di abiti di Giulio, tastò in tutte le tasche ma nulla, tornò all’ingresso e guardò in tutele giacche appese, nulla. Dove poteva tenerla? Comodino!
Aprì il cassetto e tirò fuori tutto il contenuto: profilattici, calze, una bibbia (e da quando?), e diverse buste nere porta documenti, tre. La prima conteneva i dati della sua assicurazione sulla vita, che modo di tenerla, tutta ripiegata su se stessa. La seconda conteneva alcune lettere che lei gli aveva scritto nei primi anni della loro relazione, tenero. La terza invece fu una vera e propria rivelazione, i documenti di un conto corrente che conteneva diecimila euro. Apperò! E questi soldi da dove arrivavano? La busta conteneva anche un estratto conto degli ultimi tre mesi, 1 gennaio: emolumenti 800€, 1 febbraio: emolumenti 800€, 1 marzo: emolumenti 800€.
_Quello stronzo figlio di puttana ha un introito e si fa completamente mantenere? Ed ha anche il coraggio di rubare dalla mia borsa! Calma Virginia, calma, devi ragionare e capire cosa fare.
Si prese il viso con entrambe le mani e iniziò a fregarselo con forza sui punti sensibili.
_Stiamo calmi, stiamo calmi, adesso, o lo ammazzo quando varca la soglia oppure metto tutto in ordine e faccio finta di niente, cerco di capire da dove arrivano e poi trovo il modo di fargliela pagare! FARGLIELA PAGARE!
Un rumore dall’ingresso, era lui che rincasava
_Virginia? Sei tornata?
Lei prese tutti gli incartamenti e li mise nuovamente nel cassetto, si alzò da terra e velocemente rotolò verso il suo lato del letto.
_Virginia! Rispondi che mi spaventi!
_Sono tornata!
_Cos’hai fatto in faccia? Sei tutta rossa! Ti sei graffiata! Sei stanca?
_Si, sono stanca.
_Questa sera ho preparato io!
_Non dovevi uscire con gli amici?
_Si, ma ho preferito rimandare, era più importante stare con te.
_Tanto guarda, mangio un boccone e vado a dormire, sono stravolta.
_Va bene, ho preparato gli spaghetti allo scoglio!
_Mi sembra coerente, vivi con una cozza amara!
_Ma no! Dai che dici? Solo perchè qualche volta litighiamo?
_Giulio, non ho cambiato idea, ti devi trovare un lavoro!
_Dai non fare la rigidona!
Il suo sguardo fu più eloquente di qualsiasi parola. Era troppo difficile nascondere la rabbia che teneva in corpo. Lo avrebbe ammazzato li, adesso, con le sue mani!
_Mi hai rubato la carta di credito?
_Nooooo l’hai dimenticata a casa!
_Giulio, io non dimentico mai nulla, mi hai preso la carta!
_Guarda che è all’ingresso, l’ho messa li per fartela vedere!
Virginia si alzò di scatto e andò a recuperare il maltolto. Si mise in pigiama e poi a tavola non proferì parola, mangiò in silenzio, il suo cervello cercava di escogitare come fare per liberarsi della piaga.
_Vado a dormire.
_Allora non ti dispiace se esco! Per me è presto!
_Vai, levati dai koglioni!
Lui, incurante dell’atteggiamento irato di lei, si stampò un sorriso in volto, indossò il cappotto e uscì.

Avvolta dal tepore del piumone Virginia non poteva dormire, il cuore batteva più di una mitraglia nemmeno il profumo di lavanda delle lenzuola riusciva a calmarla. Si sentiva usata, sfruttata in nome di un amore ormai mal dissimulato. Oltraggiata, disonorata, con l’autostima calpestata, da sempre era stata intenzionata ad aiutarlo aveva rinunciato a molte cose per poter mantenere entrambi ma la realtà era che Giulio non sarebbe mai diventato un giornalista e lei lo stava mantenendo come un figlio adolescente. Ma da dove arrivavano quei soldi? Doveva scoprire per chi lavorava e cosa faceva. Giulio rincasò alle tre e lei era ancora sveglia, rimase in ascolto di tutti i suoi movimenti, prima in bagno, poi il pigiama ed infine nel letto. Eccolo, li di fianco a lei, non meritava quel posto, doveva stare di fronte, così lo avrebbe potuto prendere a calci in culo! Doveva trattenersi dall’alzargli le mani, mettergli le dita in torno al collo e stringere forte. Doveva vendicarsi, sicuramente l’avrebbe aiutata ad esorcizzare tutta quella rabbia Avrebbe potuto prendere tutte le sue riviste di arte e farne un bel falò, oppure prendere a martellate il suo mac ma anche riempire di buchi i suoi completi Armani. Sopraffatta da tutto quell’odio alla fine cedette alla stanchezza e si addormentò, poco prima che la sveglia suonasse.

_Questo fottuto mondo mi vuole uccidere?
_Cosa succede?
_Dormi stronzo!
_Va bene.
Si alzò, si fece la doccia, come tutte le mattine si stirò i capelli, si truccò abbondando il correttore sulle occhiaie e poi furiosa si diresse in tailleur nero verso la fermata dell’autobus. La pioggia sembrava voler affogare la città, le auto sollevavano pozzanghere incuranti dei pedoni mentre gli autobus tardavano. Quando raggiunse la fermata della metropolitana si inserì in mezzo alla folla, strizzata in un abbraccio generale di umanità e ombrelli fradici. Finalmente il tram e poi il percorso a piedi.
_Buongiorno dottoressa.
_Sono zuppa!
_Ha un appuntamento tra mezz’ora con l’amministratore delegato.
Ecco, la valanga di causa-effetto si stava staccando dal costone della montagna e stava per franargli addosso!
_Fammi portare un caffé in ufficio. Veloce.
_Subito.
Quella giornata stava diventando letale. Doveva ragionare, cosa le voleva proporre? Di licenziare mezzo stabilimento? Cassa integrazione?  Mobilità? E se invece avessero licenziato lei?
Doveva studiare una strategia.

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