domenica 28 ottobre 2012


Ogni mattina la sveglia suona alle sei esatte, Virginia si alza un’ora prima rispetto alla sua tabella di marcia per riuscire a stirare i lunghi e arricciati capelli. Il tedio e la stizza per l’aspetto poco ordinato è tale da imporsi si lisciare e ordinare una capigliatura a suo dire“selvaggia”, dopo di che trucco e si esce di casa. Autobus, metropolitana, cambio di linea, tram e passeggiata a piedi. Poi finalmente inizia la giornata.
Dalla sua postazione Virginia poteva osservare tutto l’ufficio, la sua segretaria, le due amministrative, l’ufficio contabilità e in fondo, nascosto dietro ad una cascata di persiane bianche, l’amministratore delegato dell’azienda.
Lei teneva tutti sempre sott’occhio, non aveva mai creduto nei rapporti di amicizia tra colleghi oltre a considerarli sconvenienti, come avrebbe potuto riprendere una persona che poco prima poteva aver raccolto una confidenza intima?
Inoltre dopo aver rischiato di venire scavalcata nel suo ruolo dalla precedente segretaria preferiva circondarsi di persone mediocri, scimmie ammaestrate in grado di svolgere i loro compiti e timbrare la sera prima di uscire. In ufficio non potevano esistere amici.
_Buongiorno Sabrina, ci sono notifiche per me?
_No dottoressa.
_Ricordami gli appuntamenti della giornata
_Tra mezz’ora riunione plenaria e dalle 15.00 iniziano i colloqui per la ricerca dei commerciali.
_Bene, se tardo alla riunione chiedi ai candidati di aspettarmi e ordinami il solito panino al bar di sotto con spremuta.
_Spero che riesca a mangiarlo!
Virginia si voltò seria e fissò la segretaria senza alcuna espressione in viso. Non disse niente, ma il solo atteggiamento fece ricordare alla ragazza che quel rapporto non aveva spazio per interventi personali.
La riunione si rivelò noiosa come da aspettativa, lei presentò il budget per l’anno in corso e non si sorprese se mentre cercava di pronunciare alla meglio l’inglese che aveva studiato, utilizzare termini appropriati e controllare il prurito che le collant le procuravano, i colleghi sembravano interessati solo al suo decoltè. La disciplina, la tensione professionale e  la dedizione per il lavoro sembravano svanire, abbattuti dallo stupore che un wonder-bra poteva suscitare di fronte ad una platea puramente maschile. Involuti. Solo poche persone erano in grado di riconoscere la sua rofessionalità, peccato che queste non fossero tra i presenti.
Per il resto, raccomandati superbi e…. raccomandati, si susseguirono come ad uno spettacolo circense.
Mentre lei aveva ricevuto espliciti solleciti se non minacce per aumentare la retribuzione dei pupilli aziendali, l’azienda stava perdendo quote di mercato. Pur essendo una ditta farmaceutica stava riscontrando reali problemi di fatturato a causa della crisi economica in corso.
La riunione terminò alle 15.30, il panino appoggiato sulla sua scrivania era ormai freddo, deglutì velocemente la spremuta e uscì nuovamente per iniziare la serie di colloqui dedicati alla ricerca di due nuovi commerciali.
_Sabrina passami i c.v. dei candidati, sono in ordine cronologico?
_Certo!
Alzando lo sguardo i suoi occhi scivolarono sulle tendine oscurate dell’ufficio dell’amministratore delegato.
_Chi c’è in riunione con l’amministratore?
_Non saprei
Era strano che l’ufficio fosse oscurato, non lo era mai. Virginia non credeva alle sensazioni ma solo agli eventi di causa effetto. Il fatturato era in calo, dalla casa madre i dividenti tra i soci erano stati più magri, parte della produzione sarebbe stata spostata in India e ora l’A.D. in riunione segreta e oscurata. Causa-effetto, causa-effetto.
Quella catena di eventi sarebbe ricaduta su di lei. Lo aveva calcolato.
_Tieni d’occhio quell’ufficio mentre colloquio, e cerca di sapermi dire qualche cosa di più quando esco.
I tacchi a spillo emettevano un tonfo sordo sul parquet dell’ufficio, il pavimento rialzato acuiva il suono facendolo sembrare più simile al rumore del passaggio di un animale ferrato, e come una puledra fiera Virginia camminava sicura e agguerrita, una Valchiria sul campo di battaglia.
Il primo candidato era semplice, puro, trasparente, forse troppo, non sembrava avere appiglio commerciale mentre il secondo era talmente nervoso che ruppe la biro che teneva in mano.
Il terzo candidato si presentò in modo molto professionale oltre a possedere un aspetto realmente attraente, Virginia iniziò con qualche domanda ma attratta dalla finezza dei modi fece cadere lo sguardo più volte sulla data di nascita del candidato. Giovane e preparato, all’età di 25 anni aveva avviato da solo una attività di vendita on line nella cantina di casa, il paragone ricadde velocemente su Giulio: mantenuto, 35 anni buttati nel cesso.
Appoggiò la mano sulla fronte, un respiro profondo le uscì dalla bocca e osservò quell’uomo attraente di fronte a lei, la camicia bianca stretta sotto la cravatta nera, la voce profonda e lo sguardo fisso su di lei. L’aria era carica di tensione e Virginia voleva ignorarne la natura, doveva rimanere coerente e concentrata ma ecco di nuovo il tick. NO! Cavolo, ancora quella danza intorno al viso, trattieni Virginia, trattieni, fai un respiro profondo, resisti al volere della mente, fai scivolare via il pensiero, veloce!
_Tutto bene?
_Come?
Si era accorto del suo disagio!
_Sta bene? Sento che affanna! Vuole prendere un po’ di aria?
Cosa stava succedendo? Un candidato che leggeva in lei disagio? Non si sarebbe mai perdonata questa mancanza, divenne rossa in viso e per questo si sentì ancora peggio. Basta, guancia destra e sinistra, occhiale desto e sinistro, tempia destra e sinistra. Uff, adesso poteva andare meglio!
_Sto bene, sto bene, solo un po’ di stanchezza. Vada pure avanti!
_Guardi che realmente, se vuole interrompere per dieci minuti io aspetto.
Di solito l’insistenza di una persona la irritava, ma quel marcantonio spartano uscito da un libro di Epica sembrava convincente.
_Facciamo così, io adesso vado a prendere un caffé ma solo se mi accompagna. Offro io. Dato che si presenta per un posto in qualità di commerciale non dovrebbe essere spaventato dai cambi di programma.
_Va bene!
Ma cosa stava facendo? La logica era coerente ma il comportamento transigeva dal suo rigore personale e professionale! Qualcosa le solleticò leggermente  il viso, ma questa volta se lo fece scivolare dalla mente. Caffé con Leonida!
 Quando uscì dalla stanza del colloquio non dimenticò di osservare che le tendine bianche dell’ufficio dell’Amministratore erano ancora oscurate. Ma cosa stava succedendo?
_Mi segua.
_Stiamo uscendo dall’azienda?
_Si andiamo al bar di sotto, il caffé delle macchinette è disgustoso!
_La seguo!
Le porte dell’ascensore si chiusero e lei ebbe un sussulto, chiusa in quello spazio limitato non potè fare a meno di respirare a pieni polmoni il profumo del giovane. Ma cosa le stava succedendo? Di solito si scopriva frigida e senza troppo interesse per gli uomini, o forse aveva perso interesse per l’unico uomo che esisteva nella sua vita da troppo tempo. Al bar il colloquio si trasformò, divenne più rilassato e meno formale:
_La ringrazio per avermi assecondato, avevo bisogno di aria.
_Si figuri, quando vuole!
_Diciamo ad un secondo colloquio?
_Perfetto! Quando?
_Il secondo sarebbe con il responsabile dell’ufficio commerciale, devo solo trovare una data in cui sia in ufficio.
_La ringrazio per la fiducia. Spero solo che non sia grazie al caffé!
Ecco, perché quando tutto stava proseguendo alla meglio le persone si permettevano di fare battute fuori posto? Cosa intendeva dire?
Credeva realmente di averla comprata? Ma per chi l’aveva presa? Per una di quelle donne che vendono la loro professionalità in cambio di uno stipendio per nutrire una schiera di marmocchi affamati?
_Guardi che il caffé non era corretto!
Leonida si accorse del cambio di tono e cercò di riparare
_Non era mia intenzione . .
_Si la ringrazio, la farò contattare dalla mia segretaria.
Si alzò di scatto strinse la mano e se ne andò, lasciandolo li, disorientato e pieno di sensi di colpa a domandarsi se la battuta fosse realmente così grave da compromettere il colloquio.
Virginia in ascensore si tenne il viso tra le mani, non poteva scoprire di sentire ancora quel tocco sul viso, tutta la tensione che stava vivendo la stava dilaniando. Doveva ricomporsi, rientrare in sé, il suo lavoro dipendeva dalla sua competenza e dalla sua credibilità.
Rientrò in ufficio fieramente sostenuta, la segretaria la seguì con una pila di documenti in mano, la giornata stava per finire ma non per lei. Quando la porta si chiuse tirò un sospiro di sollievo. In quella lunghissima giornata non si era ancora fermata. Osservò il suo cellulare per la prima volta, 5 sms.
1_Mi manchi
2_Questa sera cucino io
3_Quando torni?
4_Ti prego non lasciarmi fare un lavoro normale!
5_Vodafone, ricarica di 15 euro.
Ma cerca di comprarmi con 15 euro di ricarica? Giulio era realmente il peggiore ruffiano che avesse mai incontrato. Anni prima, annebbiata dall’amore, aveva permesso che un uomo diventasse un peso nella sua vita ora che quella storia era realmente finita non riusciva più a liberarsene, come uno sfratto con minore, come una ceretta dopo un mese di rasoio, come una cacca sotto le Geox!
Ma come aveva fatto a ricaricargli il cellulare? Si era nuovamente rubato la carta di credito? Come un lampo si voltò verso la borsa, prese il borsellino e aprendolo non trovò la carta di credito. Ladro!

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