martedì 29 gennaio 2013


Eccomi sulle scale! Con Massimo.
_Allora? Come stai? Ti vedo strana questa sera! Tutto a posto?
Tese un braccio e mi cinse vicino a sé.
Quella piccola attenzione mi fece venire un brivido, la ripetizione di quel gesto quotidiano accese il ricordo del piacere che provavo quando lo ricevevo. Gli avevo sempre voluto bene. Ma in realtà non lo avevo mai conosciuto: Massimo.
_No, sto bene, sono solo un po’ agitata, in azienda stanno preparando una nuova collezione!
_Tu agitata per il lavoro? Come mai? Non è da te!
_Ma no, niente di che, mi chiedono molti straordinari e sinceramente con Ricki, vorrei solo stare di più a casa!
Che bugiarda.
_Speriamo che il tuo progetto diventi remunerativo, se avessi un tuo studio avresti molti meno problemi!
_Già.
_Prendiamo la mia auto?
_No, ho già le chiavi in mano! Sali!
Ci siamo, ora devi solo avere coraggio ragazza! Tutto il coraggio che non hai mai dovuto tirar fuor! Clank. La porta si chiude e quel rumore diventa il mio via, lo start. Sono allacciata a quello che sta per accadere. Pronta. Parto. Esco dalla via principale, la strada è breve, devo decidermi in fretta, tra poco arriverò al bivio: destra, andiamo diretti dal gelataio, sinistra allungo la strada.
Kazzo. Ma cosa stavo facendo, sarebbe più semplice andare a destra, prendere il gelato e tornare a casa, passare una bella serata e fare finta di nulla. Si, avevo proprio voglia di gelato, e di ritrovare quei gesti che rendevano bella la mia giornata. Porca miseria!
_Dai Stella! Decidi! Che gusti vuoi?
_Puffo, malaga, limone e liquirizia!
_Ecco perché ti ho accompagnata! Ma che cavolo di abbinamenti fai?
_Sono tutti gusti buonissimi! Vero signora? Perché sorride? Abbia almeno il coraggio di dirmelo se scelgo gusti orrendi! Li produce lei!
_Dai Stella! Allora ne scegli uno e gli altri poi li abbino io!
_Puffo.
_Ma perché? Con che cosa lo mangi il puffo?
_..... malaga, limone e liquirizia!
_Ok, scelgo malaga, cioccolato, cocco e pistacchio! Ti ho lasciato il malaga! Sei contenta?
_NO. Ho detto puffo.
_Facciamo così, offro io ma non mi tieni il muso fino a casa!
_Offri tu? Allora potevamo prendere la vaschetta più grande!
Estrasse il portafogli, lo aprì con garbo e involontariamente mi mostrò il suo contenuto, una fotografia. Riccardo. Al mare.
Nudo come un verme. Il gesto fu veloce, ma io, per come gli ero vicina, lo vidi. Schifoso. Te lo tieni sempre addosso, sempre in tasca, così quando vuoi magari stacchi dal lavoro per andare in bagno a farti una ripassatina. Ecco nuovamente il vento nella foresta.  Non avevo mai provato così tanto odio tutto insieme. Era come un fischio, come un urlo sotto pelle! Non lo stavo più ascoltando, non lo stavo più guardando e quando provò a prendermi per il braccio non recepii nemmeno più il suo tocco.
Salii in auto, lo guardai sedersi e partii. Come un automa.
_Stella, dove vai? Hai sbagliato!
_Ah! Che sbadata! Ero sopra pensiero ed ho imboccato la strada che faccio per andare al lavoro tutte le mattine! Stai tranquillo, adesso torniamo in dietro!
_Si ma decelera! Non stai andando un po’ troppo veloce?
_Ma siamo in tangenziale!
_Si invece! Rallenta! Rallenta!
Eccomi, velocità raggiunta 140, il mio hairbag mi esploderà in faccia, il suo no. E’ stato disattivato per mettere il seggiolino del pupo.
La mia cintura di sicurezza si tenderà in uno strappo, la sua no: la sto estraendo io prima di lasciarmi andare contro il cartellone pubblicitario in tangenziale.
La macchina si fionda diretta, senza sbandare, la mira è perfetta, precisa, non mi accorgo quasi più di nulla, sento solo un forte tonfo, chiudo gli occhi, li riapro, al mio fianco non c’è più nessuno. Missione compiuta.
* * *
Recepii  un profumo famigliare, aprii gli occhi e mi accorsi che vicino a me c’era Noa, che bello. Ero sicuramente in ospedale, per lo meno non ero morta, io.
_Stella! Come stai? Come ti senti?
Lo guardai, sorrisi lievemente mi faceva male tutto il viso, respiravo male, il naso sicuramente rotto, iniziai a distendermi, ok, le mani c’erano, entrambe, le gambe, le sentivo poco ma qualcosa sotto le coperte si muoveva. Mi sembrava tutto abbastanza a posto, un pò di dolore nel petto ma doveva essere lo strappo preso con la cintura di sicurezza.
_Siamo soli?
_Si. Cosa ti sei messa in testa? Lo sai che potevi morire?
_Ma io non ho fatto nulla!
_Guardami, guardami e dimmi che non era premeditato!
_Cosa sei diventato un avvocato? Da quanti anni è che dobbiamo cambiare auto? Per fortuna non c’era su Riccardo!
_Eri in tangenziale! Dove credevi di andare? In gelateria?
_Noa, stai calmo, dimmi solo come sta Massimo!
_Si trova nel tuo stesso reparto, è in coma, non aveva la cintura di sicurezza, è volato fuori contro il cartellone pubblicitario. Dicono che non tornerà come prima.
Ecco, adesso dovrei sentirmi colpevole, e invece no. Invece mi sento bene.
_Cosa pensi?
_Cosa dovrei pensare?
_Io lo so che lo hai fatto apposta. Ti conosco.
_Noa, abbracciami, mi fa male tutto!
Credo di essere una specie di border line, una persona lì lì sul bordo della normalità, oppure una super eroina, anche se io adesso abbracciata dal mio uomo, mi sento piccola piccola.
Ora ho solo voglia di tornare a casa e di sentirmi al sicuro, nella mia semplice e meravigliosa vita.
Ho perso un amico, un fratello, o forse non l’ho mai avuto.
Di certo ho la mia famiglia e non permetterò mai a nessuno di portarmela via! Mai!


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